I BENI COMUNI

   

 

Dermulo, paese piccolo oggi, e ancora di più nei secoli scorsi, era accomunato come situazione di vita agli altri villaggi limitrofi. I beni di godimento comune erano di antichissima provenienza risalendo all'epoca preromana, quando il concetto di proprietà privata non era ancora sviluppato. Furono infatti i conquistatori di Roma che procedettero alla centuriazione del territorio, distribuendo poi ai veterani dell'esercito varie porzioni di terreno. Una buona parte dei terreni, però, soprattutto boschi, rimasero estranei alla predetta assegnazione e andarono quindi a formare i beni della comunità. I beni comuni, ad uso dei censiti erano comunque in numero ridotto, e quei pochi che esistevano, necessitavano di grandi sforzi per trarne giovamento. I boschi comunali, raramente piani e agevoli, erano molto magri e sfruttati all’inverosimile. La vegetazione dei boschi per la maggior parte era costituita da arbusti e pini. Non a caso a Dermulo era molto diffusa la fojarola ed esistevano molti terreni destinati a pascolo delle capre. A differenza di altri comuni poi, Dermulo non possedeva terreni in montagna, per cui era economicamente ancora più penalizzato. Si favoleggia che alla nostra comunità fosse appartenuta, in passato, la cosi detta Valle di Dermulo sul Monte Roen, attualmente proprietà di Sanzeno. Devo però convenire che di questa presunta cessione, arricchita da un'ironica constatazione tutt'oggi circolante in paese (“I la venduda per ‘na marenda”), non esiste nessuna traccia documentale e pertanto potrebbe essere priva di fondamento. Quindi tutti i beni della comunità per il nostro paese erano posti "al piano".

Osservando il territorio di Dermulo, riguardo alle proprietà comuni si può constatare che le stesse si sono ridotte considerevolmente rispetto ai secoli scorsi. La fascia di terreno a monte della strada che conduce a Sanzeno, si può dire che fosse stata tutta proprietà della comunità. Nel XII secolo probabilmente fu dissodata la zona in prossimità del paese, che venne quindi chiamata Ronc. Nei secoli successivi toccò alla zona delle Late e ai terreni poco più a nord di questa e quindi ai boschi di Rizzai. Questi terreni in epoca successiva finirono in mano ai privati. Per quanto riguarda invece l'ampia zona dei Rauti, si era ricavato il grande prato alla Pozzata di Sopra detto anche Pra Comun, ceduto a Giovanni Mendini nel 1778. Tutti i boschi a sud del predetto prato, racchiusi fra la strada per Sanzeno e la vecchia strada per Coredo, furono dissodati nella seconda metà del Settecento e concessi in locazione perpetuale verso la fine dello stesso secolo.

Fra Dermulo e le comunità limitrofe, e fra la comunità e i privati, come spesso succedeva, nascevano dei contrasti in merito ai confini. Queste questioni spesso avevano lunga durata trascinandosi per molti anni. Una delle più vecchie di cui ci è giunta una fugace testimonianza in un vecchio regesto canonicale, risale al 1468, quando le comunità di Coredo e Dermulo si accordarono per la terminazioni dei loro beni.[1]  Nel 1671 un altro documento ci mette a conoscenza che fra le stesse comunità c'erano ancora dei problemi, in questo caso la zona del contendere era alle Voltoline. Nel 1672 una sentenza arbitrale, pure citata nel predetto regesto, ribadiva che il territorio di Dermulo si estendeva fino al verso Taio. Evidentemente anche in questo caso ci furono degli screzi fra le comunità, ma non sappiamo quale delle due avesse mosso il reclamo, non essendoci giunto nessun altro documento.

Nel 1706, i dermulani avevano intrapreso una nuova lite con Coredo per un bosco alle Voltoline, il cui disaccordo perdurava almeno dal 1672. Si dice che quelli di Dermulo avevano oltrepassato i termini già stabiliti con la sentenza del 1672 e occupato una parte di terreno che era proprietà di Coredo. Per cui furono costretti a versare alla comunità di Coredo, 7 troni oltre all'onorario del regolano maggiore Giovanni Michele Tavonatti. La povera comunità di Dermulo quindi, fu ulteriormente penalizzata rispetto alla ricca Comunità di Coredo.[2]
Il prato ai Regai, presso il Ponte della Mula fu ricavato soltanto nel 1821.

 

DISLOCAZIONE DEI BENI DELLA COMUNITA' A PARTIRE DAL XII SECOLO

 

 

 

 

[1] Del documento non c'è stranamente traccia nemmeno nel comune di Coredo.

[2] Si dice che i rappresentanti della comunità di Coredo “pretendevano che la divisione de Comuni fra le dette Comunità che principia al termine griso con croce, che è sotto la strada questo sia. Qual strada si ritrova venendo verso sera di qua dalle Piazze, vada, e divida à dirittura suà oltre la Vallesella del Gaio al termine nell’aia del Maso de beni di Vigilio Moncher alle Voltoline secondo la sentenza dell’ Ill.mo Sig. V. Cap. delle Valli, seguita in atti dal fu Sig Giovanni Giacomo Inama Notaio di Coredo in consonanza con li atti del fu Antonio Barbacou sotto li 18 Gennaio 1672 vista, e letta, esposta, alla quale e recedono e renunziano il sito, che detta Comunità di Dermulo ha posseduto dopo detta sentenza, alla detta comunità di Coredo e rispetto alla quale e dipendenti di valore e condanna la rimettino al medesimo Sig Regolano Maggiore e à me Notaio secondo l’intendimento di tutto passato giorno della visione fatta sopra detto luogo di differenza in sbando, accettarsi, e così per schivar ulteriori spese e danni”
Il regolano maggiore decise che “quelli di Dermulo non possino passare in su verso 7.ne oltre li nominati termini di già posseduto, e per il valore la Comunità di Dermulo dia, e dar debbi alla Comunità di Coredo in tutto, e per tutto troni sette assolvendo la parte di Dermulo da ogni condanna, dovendo però pagare l’honorario a sua Sign.a Ill.re, e così in ogni Giovanni Michele Thavonato Regolano Maggiore.”
Infine si conferma quanto asserito:
“Presenti i detti Regolani di Dermulo con l’assistenza del nominato Sig. Ant.o Mendino, et udite le presenti cose, e quelle ben intese a nome della loro Comunità le hanno laudate, et accettate.
Presenti anco li soprascriti D.D. Regolani di Coredo, et udite e ben intese le predette cose, parimente à nome della loro Comunità le hanno laudate, et accettate.”