LE PLAZZE

Le Plazze si raggiungono percorrendo per circa un chilometro, la strada sterrata che si dirama a valle della S.S. 43 dir, appena oltrepassato il bivio per Coredo. Le Plazze si presentano come una pineta non molto fitta, alternata a spazi aperti che costeggiano il lago di S. Giustina. Riordinata e sistemata di recente, l’area si presta a molteplici attività del tempo libero quali la pesca, il nuoto, il surf, le passeggiate e i picnic.

         

Di fronte alle pareti strapiombanti della zona sud delle Plazze, dal fondo del burrone in cui scorreva il Noce prima dello sbarramento artificiale di S. Giustina, si ergeva il Dòs de la Colombara, ora è visibile solo quando il livello del lago si abbassa di alcune decine di metri. Sulla sommità di questo rilievo, isolato in mezzo alla forra del Noce e poco distante dalla diga, chiamato, anche per la sua forma arrotondata, Poinèla, sono stati rinvenute ceramiche e utensili in selce e metallo che fanno supporre la presenza di un castelliere dell’età del bronzo. Più tardi, in epoca medievale, vi fu eretta un’edicola sacra [1] a ricordo della pace stipulata nel 1276 tra Mainardo II conte del Tirolo ed Enrico II principe vescovo di Trento.[2]
In alcuni periodi dell’anno, quando il livello del lago è estremamente basso, dalle acque riaffiorano i resti di un ponte in muratura chiamato Pont Aut o Ponte di Caralla che la tradizione fa risalire a epoca romana ma che in realtà è medioevale.
[3] La tradizione che lo voleva di origine romana è stata da poco smentita da alcuni documenti d'archivio per cui la sua costruzione nel luogo attuale si può collocare fra gli anni 1459 e 1530. Del Pont Aut riportiamo la descrizione che don Gioseffo Pinamonti ne fece nel 1829 nella sua guida «La Naunia descritta al viaggiatore» : «Nel ritorno (da Tassullo), il viaggiatore pieghi sulla piana via a settentrione, e in meno di mezz’ora troverassi a Pontalto, orrido sito, ma estremamente pittorico. E’ questo un ponte altissimo di pietra, per lo quale si va dalla destra alla sinistra sponda del Noce. A non pochi rifugge l’animo dallo scendere coll’ occhio in quegli abissi. Qui l’osservatore non potrà non ammirare il coraggio e la perseveranza de’ nostri antichi Nauni. Ponga mente al fiume che scorre tra due altissime rupi del tutto perpendicolari, e che trovando in mezzo al suo alveo un duro scoglio, è da questo ostacolo astretto a dividersi in due rami. I Nauni scavarono nella rupe ch’è sulla destra del fiume una via, e costruirono il detto ponte affine di poter passare sullo scoglio isolato. Per procedere da questo scoglio alla sinistra del fiume, ch’è un altra rupe, conveniva erigere un altro ponte; ma la distanza dello scoglio alla rupe era troppo grande. Gettarono dunque fra questa e quello una immensa congerie di sassi e di terra che pare un monte, e formato un istmo, ebbero ivi ed hanno pur ora in luogo di un ponte una strada».
Nei secoli scorsi la zona del Pont Aut era infestata da briganti che in più di un’occasione avevano ucciso dei malcapitati viaggiatori. Padre Zatelli nel suo «Diario delle cose occorse» scrive: «Questa mattina (14 luglio 1749) di là da Ponte Alto fu ritrovato un uomo agonizzante tutto ferito e fracassato che fu poi portato a Dermullo». Quasi sicuramente si trattava della vittima di un agguato.
Sul rio di S. Romedio, in prossimità della sua confluenza nel lago, troviamo poco distanti l’uno dall’altro, altri due ponti visibili solo quando il livello del lago si abbassa. Quello a monte costruito tra il 1852 e il 1854, è il ponte del vecchio stradone che conduceva a Revò
(4) e ancora oggi si presenta in buone condizioni nonostante le continue emersioni ed immersioni a cui è sottoposto. Quello a valle è detto de la Mula ed è di epoca medievale. Il tempo e le continue pressioni cui è sottoposto dalle variazioni di livello del lago lo hanno ormai spogliato di tutte le sovrastrutture. Rimane lo scheletro dell’arco di sostegno in pietra e poco altro e il suo crollo può non essere lontano.

 

Una leggenda narra che il barone di castel Cles, inseguito dagli inferociti contadini di Sanzeno, si sia salvato dal linciaggio per merito della sua mula che scappando al galoppo con il suo padrone in groppa, trovatasi davanti ad un burrone spiccò un salto fino a raggiungere la sponda opposta. Più tardi in quel luogo il barone di Cles fece costruire un ponte al quale fu dato il nome di Pont de la Mula a ricordo di quel salto provvidenziale.(5)  In realtà il nome si rifà all'antico nome celtico del rivo di San Romedio, chiamato appunto Mular. (6)
Anche presso il Pont de la Mula, detto anche Ragaio, nel 1640 si verificò un qualche misfatto per il quale furono invitati a comparire davanti al Capitano delle Valli i regolani di Santo Sisinio (Sanzeno), Banco e Dermulo. Ma i regolani e alcuni vicini di Dermulo, dopo essere stati ascoltati furono assolti.
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1) Questa notizia è riportata da Mons. Celestino Eccher nel suo libro «Dermulo La nuova Chiesa» ma personalmente, non ho mai trovato altre fonti che confermassero ciò. I resti di quello che sembra un'edicola dovrebbero essere visibili invece nel territorio di Tassullo, sulla sponda opposta del lago, in prossimità della biforcazione dell’antica strada che saliva da Ponte Alto. In ogni caso la pace menzionata non era stata stipulata presso il nostro Ponte Alto, ma in prossimità di un altro ponte nei  territorio di Romallo.
2)
Cfr. Francesco Felice Alberti «Annali del Principato Ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540» pag. 165.
3)
Qualche storico forse non a torto è scettico sulla romanità di Ponte Alto.
4) Erroneamente è oggi da molti chiamato Pont de la Mula, ma il vero Pont de la Mula è quello più sotto.
5) Cfr. Mons. Francesco Negri «Vita religiosa e civile della Comunità Clesiana dal 1100 al 1928»  pag. 53. Il barone sarebbe stato Giorgio di Cles.
6) Vedi "La Val di Non e i suoi misteri" Volume I di Paolo Odorizzi pag. 29.
7) Breve Ms. presso l’A.P.T. redatto dal notaio Pietro Panizza di Taio.