I primi documenti in
cui si parla di acquedotto risalgono al 1850, quando viene progettata
la costruzione di un canale irriguo che con partenza dalla croce dei
molini di Sanzeno, doveva arrivare a Dermulo. Il percorso è descritto
sommariamente, ma si capisce che il tracciato, doveva seguire grosso
modo quello dell’attuale canale costruito nel 1920.
Nel 1861 si accenna
ancora all’acquedotto, da costruire in parte assieme a Sanzeno.
Rispetto al 1850 però si pensava di costruirlo fino a
Cavauden per poi poter
scendere ad irrigare le Plazze.
Bisogna però arrivare
fino al 1880 per trovare qualcosa di più concreto. Con conchiuso della
rappresentanza comunale del 6 maggio 1880, si decide infatti di far
eseguire al geometra Romedio Canestrini dal Dosso di Tavon, un preventivo di
spesa per la costruzione di un acquedotto dai molini di Gaspare
Bertoldi detto “Muffa” di Sanzeno, fino a
Cavauden e poi alle Plazze.

Già dal 6 maggio, il
Capocomune di Dermulo, aveva chiesto ed ottenuto dal comune di Sanzeno
il permesso di svolgere le livellazioni nel suo territorio.
Quindi il geometra Canestrini, potè iniziare i lavori di rilevazione
il primo luglio, coadiuvato, come da lui richiesto, da quattro uomini
(Andrea Eccher,
Germano Inama,
Giuseppe Inama e
Lorenzo Eccher) messi
a disposizione dal comune.
Il costo dell’opera,
come si evince dal documento del 20 Agosto 1880, fra “scavi di
terra, scavi si roccia, scavi si roccia a semigalleria, scavo del
canale nella roccia, scavo di marna, scavo del canale nella marna,
muri a secco cotruiti con terra e muschio, selciato in sabbia grossa,
copertine a coprimento dell’acquedotto, chiavichini con stipiti di
pietra, paratoia di legno larice e vite di ferro con madrevite”
era stato preventivato in 3064,76 Fiorini.

Il Canestrini
approntava anche una stima di costo, per prolungare il canale da
Cavauden fino al rì di Dermulo, ma si disse che questa evenienza,
sarebbe stata eventualmente considerata in un secondo tempo.
Il 20 settembre venne
inoltrata richiesta ufficiale all’ I.R. Capitanato Distrettuale di
Cles, affinchè venisse rilasciato il permesso per realizzare l’opera.
Nella lettera si affermava: “L’acqua di questo rivo [il S. Romedio]
lungo la valle viene utilizzata da diversi comuni e privati opificanti,
ma giunta alla località detta alle Piazze resta ancora in una quantità
considerabile e tale che sarebbe capace di alimentare un acquedotto
per irrigare un territorio di campagna ben di molto maggiore di quello
che ha il comune di Dermullo. L’acqua del rivo di S. Romedio giunta a
questa località delle Piazze non viene più utilizzata da alcuno e si
getta poco sotto nel torrente Noce. Ora il comune di Dermullo medita
di derivare appunto in questa località una quantità d’acqua
sufficiente per l’irrigazione dei propri fondi”.
Il fatto interessante
però è, che contestualmente all’acquedotto si era pensato anche ad una
bonifica e nella suddetta lettera si proseguiva col dire: “Alla
località alle Plazze il comune possiede un esteso territorio pascolivo,
il quale quando fosse fecondato da un acquedotto potrebbe essere
ridotto a prati fertilissimi con gran vantaggio del paese in quantochè
il comune mediterebbe o di affittare per una lunga locazione o di
vendere questo suolo pascolivo ai propri amministrati”.
La missiva poi
conclude dicendo: “Il comune di Dermullo conta di pagare le spese
di costruzione che intanto non ammonterebbero che a 3069,75 fiorini,
coi propri mezzi o con un mutuo da assumersi e di rimborsarsi poi
colla vendita del suolo comunale alle Plazze o anche cogli affitti che
spera ritrare dallo stesso”.
Il 28 ottobre 1880,
le Autorità di Cles si portano nel territorio comunale di Sanzeno,
nelle località Plazze e Giurlaia,
interessate al passaggio del futuro canale. Sono presenti i
rappresentanti di Dermulo e quelli di Sanzeno i quali a titolo di
indennizzo per il passaggio del canale, oltre che la cifra spettante
per legge, chiesero 10 ore settimanali di acqua. Tale richiesta
discussa dalla rappresentanza comunale di Dermulo, non fu ritenuta
giusta “tuttavia il Comune di Dermullo ben volentieri accorda al
Comune di Sanzeno il quantitativo di acqua che occorre per inafiare in
Giuralaia e Plazze il suolo che intende ridurre a prati...” come
dire, che per irrigare tale suolo bastavano molte meno ore.

Il 13 dicembre si tenta
un componimento amichevole sulla questione, accettando la proposta del
Delegato Capitanale Claudio Abbondi, e cioè che Sanzeno rinunciasse
all’indennizzo per il terreno espropriato e Dermulo concedesse metà
dell’acqua per 20 ore settimanali. Tale proposta, fu poi accettata
dalla rappresentanza comunale di Dermulo con conchiuso del 17 dicembre
1880 e da quella di Sanzeno con conchiuso del 29 gennaio del 1881.

Restavano da risolvere
alcuni problemi fra Sanzeno e Dermulo sulla futura manutenzione del
condotto, per cui ci vollero ancora alcuni mesi e precisamente fino a
maggio, prima di poter inoltrare la domanda definitiva per poter
iniziare l’opera all’ I.R. Capitanato Distrettuale di Cles.

Finalmente in data 26
maggio 1881, con decreto n. 1915 l’autorità capitanale accordò il
permesso per l’agognato acquedotto.
A quel punto restava da
decidere, come procedere nella sistemazione del suolo delle Plazze.
Nel documento n. 106
datato 3 luglio 1881, fra l’altro si legge: “Richiedendosi ora di
cambiare al detto suolo coltura cioè da pascolo come ora si trova di
ridurlo a prati col determinare diversi pezzi ossia porzioni quante
sono le singole famiglie del Comune di Dermullo e mediante asta
passare alla affitanza per la durata di anni 29 o trenta oppure alla
vendita come meglio si crederà più vantagioso pel Comune onde poter
ricavare l’importo per coprire l’interesse dell’importo di
costruzione, [dell’acquedotto] di pari tempo mortizare anche il
capitale relativo. Ora l’imarginata e sottoscritta Rappresentanza
Comunale d’unanime accordo incaricano il CapoComune a chiedere
dall’autorità il sopra citato permesso di poter col pascolivo alle
Plazze di cambiare coltura col ridurlo a prati e stabilire il
regolamento per le singole porzioni ed affitanza delle medesime, così
pure l’implorare dall’Eccelsa Giunta Provinciale il permesso di
assumere a carico e vantagio del Comune un mutuo di fio:i 3000 onde
poter passare alla costruzione del detto acquedotto progetato.”
Il 9 agosto 1881 l’
I.R. Capitano Distrettuale di Cles, concede il permesso di quanto
sopra richiesto e per il 23 settembre il comune aveva già fatto
eseguire, da Giuseppe Sicher di Coredo, la suddivisione del terreno e
relativa descrizione dei singoli appezzamenti.
Si era frazionata la
zona in 37 particelle, quante erano le famiglie e il 26 ottobre 1881,
nella casa comunale fu indetta una pubblica asta, per la loro
assegnazione in affitto.


Le porzioni aggiudicate
furono molto poche perchè a detta dei partecipanti, il prezzo base era
troppo elevato e quindi il comune fu costretto ad indire diverse aste
successive a un minor valore prima di vederle esaurite.

La faccenda era stata
portata avanti per due anni con tanto entusiasmo, e l’inizio dei
lavori sembrava così imminente, che nessuno credo avesse messo in
dubbio la realizzazione del progetto. Invece, evidentemente qualcosa
andò storto; nell’Archivio Comunale non si trova più traccia di questo
lavoro. Sulle cause posso azzardare solo delle ipotesi: potrebbe darsi
che il maggior sostenitore del progetto fosse il capocomune
Andrea Eccher, rimasto in carica proprio fino al 1881 e che il suo successore
Pietro Inama, non fosse così determinato a raggiungere l’obiettivo.
Oppure potrebbero esser venuti a mancare i necessari finanziamenti e
quindi per la ben nota situazione di povertà del comune non fu più
possibile procedere. Nel 1881 ci fu anche una grande inondazione che
provocò danni ingentissimi al territorio, forse le risorse furono
impiegate per tale emergenza e le altre opere in progetto furono
rinviate.