LA PALEOMIGRAZIONE

 

Per paleomigrazione si intende quel fenomeno di spostamento di persone avvenuto in antico, di limitata entità e ristretta di solito a paesi o province confinanti. Molti uomini in passato si sono allontanati dal proprio paese, e di loro spesso non ci è rimasta che la data di nascita nei libri parrocchiali o qualche menzione negli atti notarili. Infatti, sovente, si viene a conoscenza dell’esistenza di queste persone, perchè citate in testamenti od in atti di compravendita. A volte il trasferimento era dettato dalla possibilità di esercitare una professione od un arte in una zona libera; vedi i molti notai delle famiglie Inama, oppure da questioni matrimoniali dove il marito seguiva la moglie ereditiera, nella sua casa. Forse anche il tipo di trasmissione ereditaria dei beni, dove si cercava di salvaguardare dalla frammentazione la proprietà, imponeva che solo uno o due figli si fermassero in paese, gli altri dovevano sistemarsi in altro modo o emigrare per poter sopravvivere. Era consuetudine in quegli anni, che ultimati i lavori in campagna molti uomini si recassero nella Pianura Padana, per svolgere l’arte del calderaio, spazzacamino, garzone, aiutante agricolo, venditore ambulante, ecc. Qui trascorrevano tutta la stagione invernale, per poi ritornare in valle in primavera per i lavori dei campi. A volte però l’emigrazione diventava definitiva e oggi sono molte le famiglie oriunde della nostra zona, che vivono in altre province. Per le destinazioni fuori dal Trentino, si nota una certa predilezione dei dermulani per il territorio bresciano. Tutti i cognomi di Dermulo avevano, nel Seicento e nel Settecento, qualche rappresentante  in quel di Brescia. Non mi è stato possibile stabilire esattamente le mansioni svolte dai dermulani fuori paese. In generale però, si è a conoscenza che le persone che emigravano nel bresciano erano calderai, tagliatori di piante, segantini, venditori ambulanti di tessuti e contadini. I contadini in particolare, piantavano in inverno e primavera limoni e olivi lungo le coste del lago di Garda, raccoglievano frutta e sfogliavano gelsi.[1]Nel bresciano erano fiorenti anche i laboratori per la produzione di fruste, ed è risaputo che la prima persona ad introdurre a Taio tale attività fu Simone Barbacovi. Questi era tornato a Taio verso il 1830, reduce dal territorio bresciano, dove aveva imparato l’arte del frustaio. Anche qualcuno di Dermulo potrebbe aver seguito tale strada, ad esempio il frustaio Romedio Endrizzi che era detto Milanes per aver abitato a Milano verso il 1840. Alcuni componenti della famiglia Massenza in primavera si recavano nelle provincie lombarde dove vendevano in forma itinerante dei cestini di vimini che costruivano durante l'inverno. I Massenza poi si stabilirono a Castelcovati in provincia di Brescia dove lasciarono una importante discendenza, ancora viva ai giorni nostri.[2]Scorrendo l’elenco telefonico di Brescia e provincia si possono trovare oltre ai Massenza anche parecchi Mendini e Inama. Facciamo ora una panoramica sulle persone che lasciarono Dermulo nel XVI secolo. Già dalla fine del Quattrocento troviamo Antonio Inama e anche il fratello Gaspare di Dermulo che si erano trasferiti a Fondo dove possedevano una casa. Due figli di Gaspare di nome Battista e Lorenzo lasciarono a Fondo una notevole discendenza, mentre un altro di nome Marino, capostipite della linea Fogia, ritornò a Dermulo. Nello stesso periodo abitava a Fondo, Vigilio Inama figlio di Rigolo e capostipite delle famiglie Inama di Sarnonico, Sanzeno e di quelle che vivono in Austria con l’appellativo Sternegg. Già nel 1486, troviamo a Lavis, Nicolò Inama che prese in conduzione dai procuratori della chiesa di Pressano, un albergo denominato alla Stella (hospitium Stele). Questo albergo rimase proprietà Inama fino circa alla metà del Settecento.[3]A metà Cinquecento si trasferiva a Coredo Michele Inama, nipote del succitato Rigolo, dando origine alla vecchia linea Inama di Coredo, oggi estinta. Michele aveva sposato una certa Clara Odorizzi dalla quale aveva avuto tre figli, Odorico, Romedio e Melchiorre. Un figlio di Romedio di nome Odorico, era Cavaliere dell’Ordine di Malta. All’incirca nello stesso periodo, si trasferì a Lavis il notaio Antonio Inama figlio di Gaspare e a Don il fratello Enrico. Così pure raggiunsero Fondo i fratelli Bertoldo e Corradino Cordini, progenitori delle famiglie Cordin di Fondo. A Taio invece, si stabilì Bernardino Cordini. Sembra, che anche Giovanni Inama figlio di Gaspare abbia raggiunto Coredo circa nel 1555, dove comperava una casa. Sicuramente abitava e lavorava a Coredo come notaio suo figlio Antonio. Verso la fine del Cinquecento si trasferisce a Tres, il muratore "magistro" Giacomo Pret, al quale sarà concesso il diritto di vicinato nel 1606.


 

[1] Cfr. don Leone Franch “La Valle di Non” Pag.82

[2] Questa notizia mi venne fornita telefonicamente da una signora di Castelcovati.

[3] Cfr. Albino Casetti “Storia di Lavis Giurisdizione di Königsberg-Montereale” pag. 250.