OSTERIE, BETTOLE, ALBERGHI E NEGOZI

 

Le osterie o bettole erano dei locali pubblici dove venivano serviti principalmente bevande e raramente cibi pronti. Ogni centro abitato, anche il più piccolo, sul finire dell'Ottocento aveva uno o più di questi locali. A Dermulo la prima bettola di cui ho avuto notizia è quella appartenuta ad Antonio Endrizzi che risultava già in attività nella casa n. 9 nel 1822. Del medesimo anno e fino al 1827 è citato come bettoliere (e anche fabbricante di pane) Tommaso Rossi,[1] originario di Revò che sembra aver preso in moglie una certa Maria di Dermulo. Forse tale bettola si trovava nella casa n. 16, ma non ho notizie certe in merito. Nel 1827 i Rossi avevano lasciato Dermulo. Nel 1831 appaiono negli atti comunali altre due bettole, quella gestita nella casa n. 24 da Bortolo Mendini e quella al piano terra della casa n. 2, gestita da Silvestro Inama. Tutte le bettole, oltre a rimanere chiuse durante le funzioni religiose domenicali, dovevano chiudere alle ore 21.00 in estate e alle 20.00 in inverno. Queste regole non erano sempre rispettate e di conseguenza i gestori venivano multati e soggetti al ritiro momentaneo della licenza. Nel 1852 Giacomo fu Giacomo Inama chiedeva ed otteneva dal comune, il permesso per aprire una bettola (presumibilmente nella casa n. 3). L’attività proseguirà fino almeno al 1886 con il figlio Ferdinando che, nel quinternetto comunale per l’esazione dell’imposta sulle industrie, figurava in quell’anno come venditore di vini e liquori.
Nel 1865 il comune concedeva l’apertura di una bettola nella loro
casa n. 19, ai fratelli Giovanni e Pietro Emer. In realtà l'osteria degli Emer esisteva già da molti anni. Nel 1858 è citata, assieme a quella di Giacomo fu Antonio Endrizzi, in occasione della ricostruzione dell'omicidio di Giovanni Battista Battocletti, per cui, forse nel 1865 si trattò di una regolarizzazione. Dieci anni dopo risultava che le due bettole nominate, consumavano dai 10 ai 25 emeri di vino [2]. Nel 1876 per varie inaddempienze fu ritirata la licenza agli Endrizzi e la bettola fu chiusa. Non conosco la durata del provvedimento ma credo che non fosse stata molto protratta nel tempo. Nel 1886 il comune concedeva il permesso per la vendita di vino a Desiderato Endrizzi nella casa n.10. Questa autorizzazione risulta un po' ambigua in quanto la merce "vino" era di solito il principale articolo smerciato in osteria. La spiegazione può essere forse cercata in una precedente revoca. Nel 1899 l'Endrizzi chiedeva senza successo di poter vendere la birra, permesso che nel 1904 gli veniva accordato. Sul consumo della birra pendeva un così detto dazio pari a
3,4 Corone per hl. Nel 1904 a Desiderato Endrizzi venne revocata la licenza tabacchi e contestualmente, concessa al capo comune Germano Emer. Nel 1906 veniva dato il permesso a Desiderato Endrizzi di vendere “liquori spiritosi”.
Nella seconda metà dell’Ottocento erano iniziati i grandi lavori di ammodernamento della viabilità, quali la costruzione del tratto Dermulo-Rocchetta, della strada dei Regai, del collegamento al nuovo Ponte di S. Giustina e poco dopo i primi anni del Novecento furono costruite le due  ferrovie, Dermulo-Mendola e Trento-Malè con le relative stazioni e infrastrutture. Dermulo quindi venne a trovarsi in una posizione estremamente importante con l'afflusso considerovole di persone impiegate nei cantieri che di conseguenza abbisognavano di vitto e alloggio. Se per queste esigenze i dermulani avevano messo a disposizione le loro abitazioni private, sfruttando l'occasione per arrotondare le misere entrate, in seguito cercarono di intercettare i primi villeggianti di passaggio per l'Alta Anaunia. Fu così che nei pressi della nuova strada vennero aperte osterie ed alberghi e le domande di apertura erano così numerose che il comune si vide costretto a rifiutarne la maggior parte.
Nel 1888 il sergente di gendarmeria Francesco Leoni in servizio a Taio, chiedeva al comune il permesso per l’apertura di una rivendita di generi misti nella
casa n. 24, a nome della moglie Augusta. Il comune accordava con molto entusiasmo il permesso, e il 16 marzo 1889 l'autorità di Cles comunicava al Leoni che prendeva atto dell'apertura nella casa 24 dell'esercizio di vendita di generi misti, carne grassa, farine, cacio, burro, olio e simili, eventualmente di generi coloniali come caffè, zucchero, pepe e simili, di cotonerie, telerie, fili e chincaglie, carni insaccate e affumicate e invitava il richiedente a presentarsi a Cles per perfezionare la pratica. Per ultimo raccomandava che poteva tenere nel negozio pochissima quantità di petrolio. L'esercizio però per un motivo che mi è rimasto sconosciuto non fu mai aperto. Nella lettera qui riportata, con la quale il capo comune Geremia Inama informava l'autorità di Cles circa le intenzioni del Leoni, si specificava, per dare più forza alla richiesta, che nelle altre due osterie di Dermulo (Emer e Endrizzi) non venivano serviti pasti.

Nel 1898 fu la volta di
Beniamino Inama che chiedeva di aprire un’osteria e di traslocare il suo negozio di generi misti e coloniali. L’anno dopo però Beniamino non esercitava più l'attività che era localizzata nella casa n. 10, dove più tardi (1911) veniva aperto il negozio di Adolfo Odorizzi di Rallo. L'attività dell'Odorizzi
che inizialmente occupava solo il piccolo locale oggi adibito a giroscale, fu poi ampliata con l'incorporamento del piazzale prospicente la casa stessa. L'attività proseguì fino agli anni Ottanta del secolo scorso con il figlio di Adolfo, Pompeo. Nel 1926 l'Odorizzi comunicava al comune che nel suo negozio veniva venduto olio di semi, mentre l'anno successivo veniva autorizzato a produrre carni insaccate. Nel 1904 anche Romedio Inama chiedeva il permesso per aprire una trattoria, ma gli veniva negato. Durante il 1905 e il 1906 Romedio Inama e Giuseppe Widmann chiesero più volte il permesso per aprire, distinte trattorie ma senza successo. Considerando chi era capo comune in quel torno di anni, ovvero Germano Emer, vien da pensare che tutte le autorizzazioni richieste, se concesse, avrebbero dato fastidio alla sua attività di oste. La stessa cosa sospetto sia avvenuta nel 1904 con la revoca della licenza per la vendita dei tabacchi a Desiderato Endrizzi e la concessione allo stesso Emer. Nel 1907 con il nuovo capo comune Geremia Inama, finalmente Romedio fu in grado di aprire la sua trattoria. Stessa cosa per l'osteria di Daniele Inama Zanet, aperta nella casa n. 35 di sua proprietà, che si disse "provvisoria", perchè infatti avrebbe chiuso alla fine dei lavori della ferrovia Dermulo-Mendola. Qualche anno dopo la casa di Daniele passò in proprieta a un tale Felice Ambrosi di Trento che ne voleva fare una rivendita per materiali da costruzione. (Idea poi abbandonata.) Tra il 1910 e 1911 per ben due volte Giuseppe Bertotti di Trento aveva manifestato il desiderio di aprire un ristorante nella casa dell'Ambrosi, ma il comune negò sempre il permesso. Il permesso invece fu accordato alla Trento-Malè per l'apertura di un buffet nella stazione. Non so se inizialmente con questo termine, che rimase vivo fino a una trentina di anni fa, si dovesse intendere come oggi, ovvero un modo in cui i clienti si servivano da soli del cibo posto ben in vista su banconi, oppure avesse avuto il significato di bar, quello che poi fu, fino al momento della chiusura. Nel 1912 si trova gestore del buffet un certo Antonio Gaioto. Nel 1913 la proprietà della Ferrovia Trento-Malè era intenzionata a ristrutturare il "buffet" che fino a quel momento era in legno, utilizzando opere di muratura.
Da vecchie foto risulta che nella stazione della Dermulo-Mendola, fino a che fu smantellata, era attivo un bar che nel 1927 era gestito dal capostazione Ezio Giovanazzi. E' del 1920 la notizia che Vigilio Negri vendeva generi alimentari, vino, birra e olio di semi nella sua casa n. 35, ma già nel 1927 l'attività risultava chiusa. La casa fu poi acquisita da Giovanni Manzoni che già nel 1923 vendeva generi misti e due anni dopo commercializzava vino. Non sono in grado di diere però dove fosse svolta tale attività.

Una struttura che fin dalla sua costruzione avvenuta nel 1889, sembrava prestarsi molto ad attività recettive fu la 
casa n. 29. Essa fu costruita inizialmente ad uso dogana, (qui si pagava il pedaggio per accedere al nuovo Ponte di Santa Giustina) ma già nel 1893 recava l'insegna “Restaurant S. Giustina”. Erano proprietari della struttura Eliseo Zucal di Romeno e Giuseppe Widmann di Coredo. Nel 1890 Giuseppe Widmann aveva già rilevato la quota del Zucal ed era divvenuto unico proprietario nella casa n. 29. In quell'anno il Widmann chiedeva il permesso per aprire un negozio di generi misti (poi tramutato, sembra, in trattoria e spaccio di vino) nel locale doganale della casa e concedeva l'attività in affitto a tale Giuseppe Odorizzi di Sanzenone. Nel 1893 l'Odorizzi era in difficoltà con i pagamenti per cui l'attività fu rilevata da Germano Emer. Il proprietario Widmann che non aveva mai abitato a Dermulo, nel 1903 invece vi si trasferì, chiedendo il permesso di aprire una trattoria, osteria e alloggio forestieri. Il comune negava il permesso perché, si disse, che in un paese di 200 abitanti v’erano già due osterie. Inoltre il permesso, si disse, era già stato negato in precedenza a Beniamino Inama. Anche l’anno successivo il Widmann ritornava alla carica, ma senza successo. Intanto nel 1904 veniva abolito il dazio per attraversare il ponte di Santa Giustina e la casa qualche anno dopo fu acquistata da Giacomo Berti di Banco. Il comune concesse subito al Berti l'autorizzazione per l'apertura dell'attività più volte richiesta dal precedente proprietario. Nel 1910 troviamo la struttura, denominata Albergo Centrale, ben avviata e se confrontiamo ad esempio l'acconto dell'importo del dazio dovuto per la vendita di vino, nel 1912 con 100 Corone si posizionava al secondo posto fra le quattro osterie interessate, dietro all'albergo di Desiderato Endrizzi che di Corone ne aveva versato 115. (Gli altri due osti attivi nel 1912, Romedio Inama e Germano Emer, pagarono rispettivamente 40 e 20 Corone) L'Endrizzi dopo aver costruito nel 1909 di persona la nuova casa n. 38, nel 1910 vi trasferì l'attività che prima svolgeva nella casa n. 10, estendendola però anche ad albergo. La struttura fu dapprima denominata "Ristorante Ferroviario" e poi "Ristorante alla Stazione".
Nel 1912 fece la sua prima comparsa a Dermulo nel locale del Berti, il grammofono, ossia l'antenato del moderno juke-box. L’Imperial Regio Capitanato Distrettuale di Cles infatti, concedeva il permesso a Giacomo Berti, di tenere “apparato musicale automatico gramofono con getto di monete”. Si trattò sicuramente di una grande innovazione e deve aver destato stupore e meraviglia, quel mobile che permetteva un intrattenimento musicale senza bisogno di un'orchestra, ma solo previa introduzione di una moneta. L'albergo Centrale nel primo dopoguerra mutò nome in "Albergo alla Posta".
Nel 1921 si ritrova la seguente classificazione degli esercizi:
Romedio Inama (Osteria-trattoria), Desiderato Endrizzi (Trattoria Albergo) e Giacomo Berti (Albergo).
Da un prospetto del 1923 veniamo a sapere che l'Albergo alla Posta aveva una stanza con un letto e due stanze con due letti; l'albergo Ferroviario (Endrizzi) una camera con un letto; l'Albergo alla Stazione (Romedio Inama) una camera con un letto.

 

                   TRASCRIZIONE DELL'ATTO D'ASTA PER LA RISCOSSIONE DELLA TASSA SULLA BIRRA

 

Atto dasta e condicioni assunto nella osteria a Emer Germano  di Dermulo adi 26/2 1913

 

1.  Il comune cede all maggior oferente il Dirito della rascossioni, della tassa sulla Birra di C 3:40 per ogni Ettolitro consumata pur entro questo circondario comunale

2.  La predeta tassa sarà da rascuoterssi in base alle disposizioni del dispacio dell i.r. Consiliere Aulico di Trento dei 18 Giugno 1888 N. 3992

3.  Alla presente asta puo rendersi deliberatario tanto li esercenti come anche li non esercenti coll’oservacioni però che questi ultimi possono esercitare, la vendita della Birra se non doppo avere otenuto il relativo permesso dalle competenti Autorita

4.  Il prezo di prima grida viene fissato in Corone 150 Cento e cinquanta Corone ed il contratto sarà durativo fino il 31 Dicembre 1913

5.  all’Atto della delibera o al piu tardo entro 3 giorni il levatario dovra presentare una idonea ed inssolidale segurtà riconossiuta dalla rapresentanza comunale qual’ora non preferisca di fare un deposito in denaro dell’ameta del prezo di delibera

6.  Il pagamento dovra essere fato nelle mani dell’cassiere comunale in due eguali ratte all’ I Giugno e al 31 Dicembre 1913

7.  Le multe per le eventuali contravencioni sara di proprieta dell’apaltatore

8.  Tutte le spese compreso le spese d’incanto e inerente al presente Atto scriturazioni e bolli stanno a esclusivo carico dell’ levatario

9.  Si oserva che tutta la birra che si trova nella casa di ogni esercente per il consumo entro questo circondario comunale va soggeta alla tassa di C 3:40 per ogni Etolitro ben in teso che non sia statto gia statto pagato la tassa della stessa nel 1912

10.Le stampiglie ecc. necessarie per la sugelazioni della birra sono a esclusivo carico dell’ evatario

 

Ed ecco l’asta vera e propria:

Atto d’asta

In seguiro ad’ aviso d’asta publicato a quest albo comunale pel giorno odierno e giunta lora stabilita vene prelette le condizioni per la rascussioni della tassa sulla Birra e poi si passa a proclamare il prezo di stima di C. 150 e si ebbe le seguenti oferte

 

Desiderato Endrizzi offre

C 150

Daniele Inama Zanet offre cor

200

Inama Arcangelo Sepp

200:10

Tame Emanuele

201

Inama Arcangelo Sepp

201:10

Tame Emanuelle

202

Inama Arcangelo Sep

202:10

Tame Emanuelle

202:20

 

Esendo statto il maggior offerente il Signor Tamè Emanuele per C 202:20

Tamè Emanuele

Iquale presenta come segurtà Inama Daniele Zanet e si firma Daniele Inama

 

Luigi Endrizzi

Geremia Inama

Felice Inama banditore

spese incanto C 3-

 

[1]   Il vocabolario Treccani riporta la seguente definizione di bettola: osteria d’infimo ordine con spaccio e mescita di vino e talora con servizio di cucina. In passato non era intesa con senso dispreggiativo moderno. Nel conto comunale del 1827 c’è un appunto nel quale si dice che la steora sull’industria non fu pagata per intero da Rossi Maria perchè aveva lasciato il paese.

[2] Un emero corrispondeva a 56,6 litri.