LA PRIMISSARÌA



IL LEGATO SALA' LA FONDAZIONE DEL 1778 SUI PRIMISSARI ELENCO DEI PRIMISSARI URBARIO DELLA CHIESA BILANCIO DEL 1847

 

LA PRIMA FONDAZIONE DEL 1710

La comunità di Dermulo, come altre di così piccole proporzioni, aveva la sua chiesetta ma non il sacerdote, potendo semmai contare su l’assistenza di un cappellano, inviato da Taio per particolari circostanze. Tutta la vita religiosa faceva capo alla chiesa pievana di Taio, dove i nostri avi si dovevano recare per assistere alla messa domenicale, alle dottrine, per le confessioni, per battezzare i neonati, ecc. Solamente i funerali venivano celebrati in paese, e naturalmente, i defunti venivano seppelliti nel cimitero circostante alla chiesa. La situazione rimase immutata per secoli, e solamente nel Settecento si incominciò a intravedere qualche segno di cambiamento.
Nel 1710 infatti, la popolazione di Dermulo espresse per la prima volta l'intenzione di istituire una primissarìa, in l'occasione della visita vescovile tenutasi in quell'anno. Ai visitatori, fu esposta l'esigenza
di poter almeno in parte, evitare i trasferimenti domenicali a Taio, adducendo diversi validi motivi.
Poco tempo dopo i dermulani inviarono al vescovo la qui sotto riportata lettera. Sulla stessa, dove non appare la data di stesura, è stata apposta la data 14 agosto 1710, che invece rispecchia la conferma e la concessione di quanto richiesto.

Consta la Villa di Dermullo in famiglie n° 20. Un miglio distante dalla Parrocchiale di Taj. La qual lontananza leva a molte persone per molta parte dell’anno, a causa delle nevi, freddi, ghiacci et altre intemperie l’occasione d’udire nei giorni festivi la Santa messa, e di frequentare altri divini uffici, cibo tanto necessario per l’anime; la vecchia per l’impotenza del viaggio, le donne lattanti per la cura dovuta a bambini, altri per il pericolo, e timore d’incendi, o furti, che occorrevi potrebbero senza la dovuta custodia: restano ordinariamente privi del merito de divini Sacrifici, come più li figli s’allevano nelle tenebre dell’ignoranza, principi della nostra Santa Religione.
A ciò dunque premendo un tant’affare, benchè ponesi essendo in questa terra privi de Sacerdote, habbiam stabilito vestito di tanto pregiudicio, stipendiare un Primissario che ci legga nelle Sante Feste, il divino Sacrificio per l’adempimento di Santa Madre Chiesa, e per godere il Beneficio dell’istruzione Catechistica, per assicurarci la strada alla Beata Eternità: per qual fine ricorriamo all’innata Clemenza dell’Altezza Eccellenza Vostra come Zellantissimo Vescovo, umilmente si degni concederci l’accennata provvisione d’un Sacerdote che somministrar possi il cibo all’anime nostre secon’il bisogno come sopra accennato, qual Premissaria duri perpetuamente, non potendo in altra forma ritrovare benvisto Rev. Sig. Sacerdote che c’assisti, se non che per tutto il tempo dell’anno con l’autorità anco di provvederci d’una benchè di concessione sprovvisti. A qual concessione potend’ostare, il molto Rev. Sig. nostro Arciprete cui per altro ci preferiamo in ogni rispetto a cagione della cessazione di qualche elemosina alla parrocchiale per la nostra assenza si obblighiamo però di voler supplire a questa mancanza con un dono gratuito da tassarsi dall’Altezza Eccellenza Vostra Reverendissima per l’accennata clemenza. E sì mentre ne sospiriamo dal All. Ecceza Vostra Reverendissima et Clementissima rescritto a tanto bene dell’anime nostre, con tutt’umiliazione et ossequio profondissime le facciamo umilissima riverenza e restiamo dell’ All. Eccellenza Vostra Reverendissima.
Umilissimi et obbligatissimi Servi e Sudditi
Li vicini della Villa di Dermullo
Pieve di Thajo

A seguito dell’approvazione vescovile, bisognava però pensare al mantenimento del futuro sacerdote. E fu così che i vicini di Dermulo, in base alle loro possibilità, assegnarono e legarono alcuni beni dai quali si poteva ricavare annualmente la rendita necessaria per celebrare una messa in settimana.[1]
Il primissario
[2] secondo quanto stabilito dal documento, era obbligato a recarsi tutti i giorni festivi nella villa di Dermulo, dove doveva celebrare la messa e tenere dottrina, e questo, a principiare dal mese di novembre fino a tutto aprile. Invece, dal primo maggio fino a tutto ottobre, nella chiesa di Dermulo non era stata concessa la facoltà di celebrare la messa domenicale, per cui in accordo con la comunità, si stabilì che la messa fosse celebrata tutti i mercoledì. L'onorario del sacerdote fu stabilito in mezzo Ragnese per ogni messa, da contribuire metà in denaro e metà in grano interzato. Riguardo all'insegnamento e alla spiegazione della dottrina cristiana, i vicini per gratitudine, promisero che al momento della vendemmia avrebbero dato un riconoscimento al futuro sacerdote. Così allo stesso modo, promisero di ricompensare la perdita di qualche introito da parte dell'arciprete di Taio, con un non ben specificato dono.
Nel 1715 la comunità di Dermulo entrò in conflitto con l'allora arciprete di Taio don Valentino Chilovi che, da quanto si può intendere, aveva un carattere molto autoritario e poco incline ai compromessi. Uno dei motivi del contendere, fu proprio l'onorario delle messe che lui celebrava a Dermulo e i pranzi pretesi in tali occasioni. Lo scritto di composizione fra le due parti, avvenuto con la mediazione di don Giovanni Giacomo Mazza, arciprete di Torra e Pietro Lorenzo Panizza, aveva stabilito che per ogni messa, don Bergamo si sarebbe dovuto accontentare di tre Troni. Per quanto riguardava il pranzo, ne avrebbe avuto diritto, solo il giorno in cui si recava a Dermulo per la redazione del bilancio annuale. Altra questione era sorta, in merito a un non ben precisato lascito da parte della ormai estinta famiglia Pret di Dermulo, per la celebrazione di tre messe legatarie. In questo caso fu ordinato all'arciprete di adoperarsi per reperire il documento in questione, visto che, a detta dei dermulani, lo scritto era stato trasportato dallo stesso Chilovi, dalla chiesa di Dermulo, alla canonica di Taio. La comunità, infatti, era interessata a conoscere i termini di tale atto. Infine, venne ribadito che all'elezione dell'eremita di Santa Giustina, doveva partecipare anche la comunità di Dermulo, e non solo l'arciprete di Taio. Si capisce che, nonostante tale diritto fosse stato riconosciuto e confermato con un apposito documento nel 1699, don Bergamo era incorso ancora in questo sgarbo.
Il rapporto poco idilliaco tra l’arciprete e la comunità, traspare anche dalla lettera inviata nel 1716, al vescovo Giovanni Michele Spaur, tesa ad ottenere la conferma per l'accettazione del legato Salà. Nello scritto si espongono le preoccupazioni che don Chilovi potesse impedire l’accettazione di tale lascito, perché “….contro di noi adirato per certi mottivi umani, cioè perché ne memoriali non l’onoriamo con titoli da se pretesi ed anche perché pretende esso d’avere la ragione di presentare il rev.do sr. Sacerdote..
Nel 1728 ci fu un'ulteriore disposizione che andò ad accrescere lo stipendio del primissario. I fratelli Giacomo e Giacomo Antonio Mendini, infatti, si impegnarono a versare la somma di 4 Ragnesi ogni  anno, in modo che il primissario di Dermulo potesse celebrare otto messe nei giorni dedicati a Maria Vergine. Per il mantenimento di questa somma sottoposero un loro terreno arativo e vignato nelle pertinenze di Dermulo, nel luogo detto al Bertus. Anche l'obbligazione dei fratelli Mendini, quindi, avrebbe potuto facilitare una presenza stabile del sacerdote, ma ciò non avvenne.

 

IL LEGATO DI GIOVANNI ANTONIO SALA'

Nel 1716 il lascito di Giovanni Antonio Salà, permise di poter aspirare ad una presenza continuativa di un sacerdote in paese. Il Salà, infatti, aveva donato una gran parte dei suoi terreni che possedeva a Tres alla comunità di Dermulo, la quale, con la rendita ricavata, doveva contribuire per la celebrazione di due messe perpetue ogni settimana, nella chiesa di Dermulo. Non essendo tale operazione sufficiente, ricavandosi infatti 23 Ragnesi (per 204 messe a 7 Traieri ciascuna davano un importo totale di 40 Ragnesi e 2 troni) il benefattore aveva donato anche una somma di 250 Ragnesi, in modo che concedendola in prestito, avrebbe fruttato i 17 Ragnesi e 2 Troni mancanti. Il Salà versò pure una somma di 30 Ragnesi, all'allora sindaco Giovanni Giacomo Inama, per "il discomodo delle messe" e per supplire a qualche bisogno imprevisto. Tanta generosità da parte del Salà nei confronti di Dermulo, risulta difficile da spiegare. Sarebbe stato più comprensibile, se fosse stata beneficiata la comunità di Tres o quella di Nanno con le quali sicuramente aveva più relazioni. Dai documenti nulla trapela. Si potrebbe pensare che la moglie o forse la madre, avesse avuto origini dermulane, e così fosse stata desiderosa di aiutare il paese natio? In questo caso però sarebbe stata citata nelle intenzioni di Giovanni Antonio e inoltre non sono mai emerse notizie in merito.[3] Se le precedenti ipotesi non fossero vere, posso solo pensare all'intervento di un religioso che avrebbe potuto suggerire a Giovanni Antonio, il modo di compiere un'opera meritoria per la piccola villa di Dermulo, e allo stesso tempo anche a vantaggio dello stesso prete che si avrebbe così assicurato una rendita. Il maggior indiziato in questo caso, sarebbe stato don Francesco Cordini, che forse, voleva trovare una sistemazione non tanto per se stesso ma per suo nipote don Giovanni Antonio Emer. In ogni caso don Cordini, che negli anni precedenti fu abate nel monastero di Santa Flora ad Arezzo, morì poco tempo dopo, nel mese di settembre del 1717.
Dai documenti non è mai emerso se il sacerdote beneficiato dal legato Salà, avesse preso stabile dimora in paese oppure no. Io ritengo che i primi beneficiati, che usufruirono anche di quanto destinato con la prima fondazione, quali don Pietro e don Francesco Cordini e don Giovanni Domenico Emer (nel 1759 era primissario a Vigo di Ton, nel 1766 lo fu ancora di Dermulo) abitassero a Taio, e si recassero a Dermulo solamente per celebrare le previste messe. Gli offici comunque, ammontavano, a seconda del periodo, a tre o quattro per settimana. Essendo che i terreni appartenenti al legato, furono dati in locazione perpetuale dalla comunità alla famiglia Brida di Tres, la prima volta, in concomitanza dell'istituzione del lascito, ovvero il 16 marzo 1716, e che tale locazione aveva la durata di 19 anni, si dovrebbero riscontrare i previsti successivi atti di rinnovo. In realtà i rinnovi giunti fino a noi sono pochi, e solo uno, datato 27 febbraio 1752,  ed un altro datato 2 dicembre 1798. Si trovano però anche due documenti, uno del 12 aprile 1767,  e l'altro del 7 agosto 1825, rispettivamente di investitura e di rinnovo di un terreno a Vion appartenente al legato Salà, ma scorporato dagli altri. In epoca successiva non si nomina più il legato Salà, segno evidente della sua scomparsa dovuta all'affrancazione dei terreni.

 
 

 

LA SECONDA FONDAZIONE DEL 1778 

Con la prima fondazione, le cose per Dermulo erano cambiate solo parzialmente, perchè la messa e la dottrina festiva, non potevano soddisfare in pieno l’esigenza di una comunità che stava velocemente crescendo. Inoltre, la sede primissariale rimase per lunghi periodi vacante. Dopo don Antonio Barbacovi che sappiamo essere primissario a Dermulo almeno dal 1753 al 1757, ma forse anche fino a qualche anno dopo, ritroviamo don Giovanni Domenico Emer documentato nel 1766. Molto probabilmente dal 1766 fino al 1778, Dermulo non ebbe nessun primissario e ciò è dimostrato anche dai bilanci di quegli anni riportati sull'urbario. Gli stessi infatti, risultano firmati in calce solamente dal parroco don Cristoforo Franceschini fino al 1777, per poi recare anche la firma del primissario, Giuseppe Manincor, principiando dal 1778.
Nell’autunno di quell'anno quindi, si addivenne alla fondazione di una primissarìa stabile, di cui qui sotto trascrivo il documento. 

Nel nome di Dio li 4 Novembre 1778 in Taio in casa Barbacovi.
Ivi personalmente comparso il Domino Giovanni Mendini come Sindico specialmente deputato dall’ onoranda Comunità di Dermulo, il quale volendo effettivamente dar mano alla fondazione stabile, e perpetua d’una Premessaria in d.o Dermulo tanto necessaria, e gia da tanto tempo desiderata ha quivi con effetto presentato lo speciale sindicato, ed autorità conferitagli oggidi in pubblica Regola dalla Sud.a Comtà dei rogiti di me sottoscritto, affinchè col consenso del R.mo Sigr. Parocco Don Cristoforo Franceschini si possa effettuare la detta pia opera col stabilire un congruo e sufficiente salario al Signor futuro Premissario assegnando per questo fine uno stabile, e perpetuo fondo.
Fu dunque mediante l’interposizione dell’Ill.mo Sigr. Consigliere, ed Assessore dell’Officio Spirituale di Trento Francesco Vigilio Barbacovi primieramente giudicato conveniente, che il Signor Premissario pro tempore debba avere una congrua abitazione e spese della Comunità, al qual fine viene destinata la
casetta posta in detto Dermulo che in addietro serviva per abitazione dell’Eremita di S. Giustina insieme all’orto soggetto ad una perpetua annuale Messa. E siccome questa casetta di presente ritrovasi in cattivo stato, così sarà obbligo della Comunità entro il termine di tre anni prossimi di ripararla, riducendola a buon, ed abitabile stato.
2° La Comunità dovrà pure contribuire annualmente al Signor Premissario pro tempore due fassi di legna tagliata e condotta a spese della medema alla di lui abitazione avvertendo, che a questo oggetto la Comunità averà il diritto di potersi servire del bosco per altro appartenente all’Eremo di S. Giustina.
3° Dividendosi dalla Comunità sorti di legna, o d’altro oppure distribuendosi da vicini carità di pane e vino, o di sale, o d’altro, sarà al Signor Premissario data la sua parte, e cosi considerato in questo punto come Vicino.
4° Il Signor Premissario, che sarà pro tempore oltre li emolumenti suddetti averà l’annuale stipendio de Ragnesi
cinquanta parte in danaro e parte in grano, li quali verranno pagati nella seguente maniera cioè la Comunità contribuirà annualmente Ragnesi venti, che ritraerà dalli affitti, o sia canoni da alcuni beni comunali, che mediante il placet dell’Eccelsa Superiorità intende a questo oggetto di livellare col patto francabile eguale somma de Ragnesi venti attesa la povertà della Comunità verrà annualmente contribuita dalle entrate della Venerabile Chiesa di detto Dermulo, come quella che è provveduta di vendite soprabondanti al suo mantenimento, e ciò col consenso del qui presente Rev.mo Signor Parroco, come altresì di quella che sperasi ottenere dalla Rev.ma Superiorità di Trento. Gli altri Rasi dieci poi si ritroveranno da due capitali de Ragnesi duecento e dieci, che furono piamente offerti all’oggetto della detta Premissaria da alcuni benefattori noti al Rev.mo Signor Parroco. E caso mai, che contro l’aspettazione venisse a mancare in tutto o in parte il premesso fondo dei Ragnesi duecento offerto dalli detti benefattori, il che però non si crede, in tal caso sarà obbligo della Comunità di supplirvi colle proprie vendite, o coll’imporre a suoi Vicini ed abitanti per la somma che fosse per mancare la coleta per as et libram. Resta inoltre riservato a favore della Chiesa, che se mai col tratto del tempo il fondo della detta Premissaria venisse col mezzo de pii legati, o donazioni, o per qualunque altra causa accresciuto, allora s’intenda, e debba cessare a proporcione dell’accrescimento la contribuzione predetta per parte della Chiesa, il che però s’intenderà, quando l’intenzione de pii donanti non fosse diversa perchè questi intendessero di beneficiare soltanto la Premissaria, in qual caso non dovrà punto essere scemata la contribuzione fissata per parte della Chiesa. Come pure in caso di qualunque bisogno d’ essa Chiesa la Comunità averà sempre l’obbligo di concorrervi, e di supplire alle eventuali indigenze e necessità.
5° Il Signor Premissario pro tempore sarà eletto dalla Comunità regolarmente congregata colla presenza del Rev.mo Signor Parroco, osservando in tutto e per tutto il tenore della costituzione Episcopale (ex inicta) ?
6° Il Signor Premissario oltre il dover perpetuamente abitare in Dermulo, averà l’obbligo di celebrare tutti li giorni festivi nella Chiesa di detto Dermulo dopo l’Ave Maria e la Messa prima, di insegnare la dottrina Cristiana subito dopo celebrata la Messa: di sentire le confessioni, visitare ed assistere l’infermi, e recitare ogni Sabato, come pure tutte le vigilie, e tutte le Feste il Terzeto colle Litanie nella detta Chiesa di Dermulo; terrà pure nelle prime e terze dominiche di cadaun mese come altresì nelle feste principali, (salvo sempre il caso d’intemperie o accidenti) portarsi alla Parrocchiale per assistere alle sagre foncioni, levitare, e confessare occorrendo.
7° Avrà l’obbligo in oltre d’insegnare a leggere scrivere e far conti alli fanciulli della Villa di Dermulo, pagando cadauno ogni mese per il leggere troni un e mezzo, per il leggere e scrivere troni due, e per lo scrivere, leggere e far conti, troni due e mezzo, oltre il legno da fuoco.
8° Il Signor Premissario potrà pure o devrà celebrare tutte le messe legatarie, che vennero in addietro celebrate in Dermulo dalli antecedenti Signori Premissari l’elemosina delle quali consiste parte in troni due e mezzo per cadauna, parte in troni due e carantani trei, e troni due e troni uno e carantani nove parte in danaro e parte in grano.
Finalmente il Signor Premissario dovrà inculcare al popolo di Dermulo perpetuamente, l’obbligazione che gli rimane d’intervenire sempre diligentemente alla Parrocchia per udire la Messa Parrocchiale, e la divina parola dal Signor Parroco, procurando a tutto suo potere, che non venga negletto questo preciso e stretto dovere.
Li quali sopra scritti punti furono pertanto dal prenomato Sindico Mendini e dal accennato Reverendissimo Signor Parroco accettati, e placedati coll’intendimento di farne in domani in pubblica Regola la partecipazione di quelli alli Vicini di Dermulo ed al Sindico della predetta Chiesa Messer Giovanni qm Gio.Batta Inama per la sua necessaria confermazione mediante l’intervento del predetto Signor Parroco sempre presente, e di così fare promettente in autentica forma mediante l’opera di me sottoscritto Notaio, e colla riserva di fare umilissimo ricorso e di presentare questo atto alla Reverendissima Superiorità di Trento affine d’ottenere la graciosissima sua approvazione e cosi

Io Baldassarre Bergamo Notaio pregato dalle parti scrivere feci.

Ed infatti nel giorno seguente che fu li cinque di detto novembre 1778 in Dermulo e luogo solito delle Regole alla presenza del Signor Pietro de Medis e di Messer Francesco Cristoforetti ambi di Taio, testimoni pregati fu da me alli Magnifici Regolani di detto Dermulo Giovanni Mendini anzi Sindico ante nomato, e Giacomo qm Ottavio Inama sostituto dell’assente coregolano Dominico Massenza assieme colli loro seguenti Vicini regolarmente congregati al previo avviso del Saltaro Messer Cristiano Emer presente e referente, e col suono della campana secondo il solito cioè Domino Francesco Mendini, Gasparo Inama, Antonio Massenza, Giuseppe Tamè, Signor Romedio Mendini, Domino Bortolamio Mendini, Antonio Tamè rendadore di Giovanni Maria Tamè, Giovanni Emer rendatore della Nobile Famiglia Betta, e Messer Giovanni qm Giovanni Battista Inama Sindico mencionato della detta Chiesa, e Lucia vedova di Giovanni Battista Inama curatrice di suo figlio erede paterno asserenti così essere più delli due terzi che formano la Comunità oltre la persona del S:ignor Giacomo Antonio Inama abitante in Taio già da me partecipato ed assenciente chiaramente letto il premesso piano delli capitali dal prelibato Illmo Signor Consigliere ed Assessore Barbacovi concepiti per la bramata fondazione della stabile e perpetua Premissaria di questa villa di Dermulo colla continua presenza e consenso del Revmo Signor Parroco di Taio don Cristoforo Franceschini e perciò bene da tutti intesi furono con mutue stipolazioni approvati ed accettati obbligando per la pontuale e perpetua osservanza di quelli cioè il predetto Sindico della Chiesa li beni presenti e venturi della medema e li vicini li propri della loro Comunità a nome anco delli assenti colla (clausola del contratto)? in forma riservata sempre la rammentata approvazione della Superiorità di Trento, per qual fine fu renovata e data l’autorita da loro predetto Sindico Mendini di fare il dovuto ricorso, e così non solo con questo ma con ogni, essendovi sempre concorso il volto del prelodato Signor Parroco presente ed in tutto accordante come pure conferito ogni arbitrio al più volte nomato Illmo Signor Barbacovi di poter moderare, accrescere, o diminuire li detti capitali, conforme a lui piacerà / me notaio stipulante/
Io Baldassarre Bergamo Notaio di Taio pregato scrivere feci e pubblicai.

Don Giuseppe Manincor di Casez fu il primo primissario della seconda fondazione, eletto nel 1778, “di comune consenso e senza frodi e inganno”, dalla regola di Dermulo. La sua permanenza in paese si protrasse fino a parte del 1783, quando sembra sia stato sostituito da don Giovanni Maria Rosetta di Taio. Tra il 1784 e il 1788 non si ha notizia di chi fosse il primissario, i vari bilanci della chiesa relativi a quegli anni, erano firmati, oltre che dai sindaci, solamente dal vicario parrocchiale don Leopoldo Eller, prova questa, dell'assenza di un primissario. Dal 1788 al 1791 troviamo invece don Pietro Visintin di Amblar.
Nell'ottobre del 1791 don Antonio Stringari aveva sostituito il Visintin, ma agli inizi del 1793, don Antonio rinunciò all'incarico e la primissaria si rese ancora vacante. Quindi il 4 ottobre dello stesso anno, alla presenza del parroco don Nicolò Monauni e dei due regolani di Dermulo, Giovanni Emer e Pietro Mendini, fu eletto primissario don Francesco Lucchini di Revò.
Al Lucchini successe don Nicolò Corradini di Livo, che, come vedremo più avanti, ebbe modo di far parlare di se. Don Corradini passò a miglior vita a Dermulo nel 1813 e ancora in quell'anno, lo seguì nell'incarico fino al 1821, don Domenico Barbacovi di Taio.
Nel 1823 si considerò che mancava la congrua per il primissario, ma alle rimostranze circa i problemi di dover raggiungere Taio per la messa, venne replicato che nella chiesa parrocchiale venivano celebrate i giorni festivi ben tre messe per cui chi avesse voluto partecipare, avrebbe potuto farlo senza lasciare incustodito il paese. Successivamente, per un periodo di ben dieci anni a causa della rendita insufficiente, Dermulo rimase privo di sacerdote.  Finalmente nel 1832 arrivò don Giacomo Mendini, pure di Taio, ma con stipiti dermulani. Don Mendini fu il primissario che rimase più a lungo in paese, avendovi soggiornato per ben quarant’anni. Alla sua morte, avvenuta nel 1875, lasciò ai suoi eredi un ingente patrimonio formato da diversi terreni e una casa a Dermulo. La sua sostituzione non fu semplice, la carica rimase infatti vacante fino al 1866. Durante questo periodo il comune si era adoperato, senza successo, per avere un sacerdote stabile, ma forse, l'unica cosa ottenuta fu la celebrazione della messa festiva da parte di un frate del convento di Cles. Quest'ultima evenienza rimane dubbiosa, perché nell'archivio comunale, esiste una lettera con la quale si richiedeva l'intervento di un frate, ma non si è reperita la relativa risposta con l'eventuale accordo.
Per un breve periodo nel 1886 fu poi primissario don Filippo Fedrizzi di Sfruz che in precedenza era incaricato a Mollaro. Dal 1895 al 1900 troviamo in paese don Giuseppe Gilli di Brez, precedentemente primissario a Sfruz. Don Gilli, amico del poeta dialettale coredano Bartolomeo Sicher, morì nel 1900 e fu sepolto a Dermulo, come ricorda l’iscrizione funeraria affissa sul muro del vecchio cimitero, che recita: " A PERENNE MEMORIA DEL M.R. DON GIUSEPPE GILLI DA BREZ, CURATO EMERITO DI SFRUZ, FU PER 6 ANNI MESSARIO IN DERMULLO, DOVE SPIRO' NEL BACIO DEL SIGNORE AI XXV AGOSTO MCM, IN ETA' D'ANNI LXXIX R.I.P. I FRATELLI DOLENTI POSERO"
Dopo il Gilli, aveva dato la disponibilità per Dermulo, un tale don Alessandro Bonomi, ma invece, nel 1901 arrivò don Bernardino Gius di Malosco che era stato priore a San Romedio. Quindi dal 1906 al 1950 troviamo nell'ordine Costante Brigadoi, Ernesto Bertagnolli, Carlo Paolazzi, Lodovico Zadra, Giuseppe Endrici e don Luigi Rosat di Cles che fu anche il primo parroco.

 

LAMENTELE SULL'OPERATO DEI PRIMISSARI[4]

Ci si era tanto prodigati per avere un sacerdote in paese, che a quanto sembra, qualcuno allo stesso modo si prodigò per farlo mandare via. A qualche persona, evidentemente, non stava simpatico don Giuseppe Manincor primo primissario di Dermulo e lo diede a dimostrare con le pesanti accuse che fece pervenire al vescovo di Trento nel 1779. Un delegato di quest’ultimo, per conoscere i fatti, si rivolse al parroco di Taio, pregandolo di verificare se corrispondeva a verità che, “don Manincor coltivava sospette amicizie in casa Mendini, avendo avuto pure qualche ingerenza in occasione che fu fatta una sonata ad una giovine di detta famiglia” e se fosse pure vero che operava “sfornito dello Spirito Ecclesiastico”.
A giudicare da come il primissario fu difeso dai vicini di Dermulo, che fecero pervenire al vescovo un loro conchiuso approvato dalla regola, nel quale si esprimeva piena soddisfazione sul suo operato, sono portato a pensare che queste accuse non fossero del tutto vere.
Don Giuseppe Manincor rimase in paese sicuramente fino al 1782 e forse qualche mese del 1783, quando fu sostituito da don Giovanni Maria Rosetta di Taio.
[5] Il Rosetta, fratello dell'eremita Giovanni Battista, almeno dal 1777 era pure cappellano a Castel Bragher per cui non era in grado di abitare a Dermulo. Possiamo quindi supporre, che l’ordine vescovile del 10 agosto 1784, con il quale si ribadiva, in modo generico che, il primissario avrebbe dovuto abitare in paese, pena la revoca dell’incarico, fosse riferito a lui.
Nel 1784 il primissario pro tempore, chiedeva che gli venisse aumentato l’onorario, ma essendo il paese povero non si potè acconsentire alla richiesta. Di conseguenza, il prete pensò di ridurre il suo impegno proporzionalmente al denaro ricevuto. Don Leopoldo Eller, vicario di Taio, quindi si offrì per insegnare la dottrina a Dermulo, nel periodo che andava da Tutti i Santi fino a Pasqua, scongiurando così che il paese ne rimanesse privo.
Venti anni più tardi alcune lamentele furono mosse anche contro don Nicolò Corradini. Il parroco di Taio, su sollecitazione dei dermulani, ma anche probabilmente per sua iniziativa, nel 1801 presentò una relazione al vescovo. Nello scritto, si evidenziava l’eccessiva timidezza di don Corradini, che lo portava a non voler abitare la casa primissariale con altre persone; riguardo alle confessioni, affermava che non era tanto il prete restio a confessare, ma erano i dermulani che non gradivano il suo modo di fare e ritenevano eccessive le sue penitenze. Anche gli infermi venivano visitati mal volentieri
e, fatto più rilevante, risultava incapace di tenere la scuola "perchè troppo permissivo, al punto che, gli scolari se ne approfittavano".
Per alcuni anni le acque sembrano rimanere calme, ma poi nel 1810 le polemiche si riacutizzarono. Qualche dermulano si rivolse direttamente al vescovo Emmanuele Maria Thun, lamentandosi ancora del comportamento di don Corradini. Il vescovo chiese conferma di quanto segnalato al parroco di Taio, don Nicolò Monauni, il quale, in una sua lettera del 27 settembre 1810, asseriva che le rimostranze erano da ricondursi essenzialmente a due motivi. Il primo motivo era che la comunità di Dermulo aveva aggiunto 10 Ragnesi annui allo stipendio del primissario, affinchè celebrasse la messa anche nei giorni feriali, ma ciò non accadeva. Il secondo, come già nel 1801, era la pessima gestione dell’insegnamento scolastico, al punto da far dire a don Monauni che "la scuola di Dermulo era allo sbaraglio". Secondo il parroco, erano molti i giovani intorno ai venti anni che non sapevano ne leggere ne scrivere, però, concludeva la lettera, asserendo che il primissario, evidentemente già redarguito per tali fatti, aveva promesso di mettere ripiego alle sue mancanze.
Ricevuto il rimprovero dal vescovo, don Nicolò Corradini prese la penna in mano per esternare le sue ragioni. Egli espose che era primissario a Dermulo da 15 anni, mantenendo sempre un comportamento corretto e che qualcuno in paese, essendo ora lui vecchio, lo voleva mandare via. Don Corradini infine voleva conoscere, punto per punto di cosa fosse
stato accusato, al fine di potersi difendere. Concluse la lettera, asserendo che dopo aver presentato le sue difese, avrebbe comunque accettato, nel bene o nel male, la volontà del vescovo. Non siamo a conoscenza di come fosse finita la storia.
 


Don Luigi Rosat con i chierichetti, intorno al 1950

 

ELENCO DEI PRIMISSARI 

 

Don Pietro Cordini beneficiato 1711

Don Francesco Cordini cappellano a Dermulo 1716 +1717

Don Giovanni Domenico Emer di Taio 1734 - 1742

Don Gerolamo Chini di Segno 1742 - 1751
Don Antonio Barbacovi di Taio 1753 - 1757
Don Giovanni Domenico Emer di Taio 1766

Don Giuseppe Manincor 1778 - 1783

Don Giovanni Maria Rosetta di Taio 1783 - 1784

Don Pietro Visintin di Amblar 1787 - 1791

Don Antonio Stringari 1791 -1793 (2 mesi)

Don Francesco Lucchini di Revò 1793 - 1795

Don Nicolò Corradini di Livo 1795 - 1813

Don Domenico Barbacovi di Taio 1813 - 1821

Don Giacomo Mendini di Taio 1833 - 1873

Don Filippo Fedrizzi di Sfruz 1886

Don Giuseppe Gilli di Brez 1895 - 1900

Don Bernardino Gius di Malosco 1901 - 1905

Don Costante Brigadoi di Predazzo 1906 - 1914

Mons. Ernesto Bertagnolli 1915 - 1918

Don Carlo Paolazzi di Faver 1919 - 1933

Don Lodovico Zadra di Tres 1934 - 1943

Don Giuseppe Endricci di Don 1944 - 1949

Don Luigi Rosat di Cles 1950 (anche primo parroco)



L'URBARIO DELLA CHIESA 

L'urbario era uno speciale registro sul quale venivano annotate le scritture riguardanti l'amministrazione di un ente, in questo caso della chiesa ed anche del beneficio primissariale. L'urbario della chiesa di Dermulo attualmente conservato nell'archivio parrocchiale fu iniziato nel 1766 in prosecuzione di uno precedente ad oggi non più reperibile. Ogni anno il sindaco della chiesa, alla presenza del parroco, (e poi anche del primissario) stilava il bilancio delle entrate e delle uscite relative all'anno precedente. Contestualmente avveniva il passaggio di consegne con il nuovo sindaco. La "sindacarìa" della chiesa toccava annualmente a ruota a tutti gli aventi diritto al vicinato, per cui anche a chi, pur avendo tale diritto, non abitava in paese come ad esempio i Betta di Malgolo, gli Inama di Fondo, i Thun, ecc. In questi casi, il loro rappresentante a Dermulo, (il manente) svolgeva l'incarico per due anni successivi, uno a nome dei padroni, e un altro per se stesso. Nell'urbario erano trascritti anche i documenti di compravendita, locazione, permuta e prestito riguardanti la chiesa e il beneficio primissariale e l'inventario di tutti i beni mobili ed immobili.
A titolo di esempio riporto la trascrizione del bilancio relativo all'anno 1767.

Nel nome del signore. Correndo l'anno di nostra salute 1767 il giorno di giovedì 2 aprile nella stufa di messer Antonio Inama sindaco, alla presenza dei Magnifici regolani messer Giovanni Inama e Silvestro Inama, il mentovato Antonio Inama rese conto della sua amministrazione sindacale in mani del novello sindico il Nob. Bortolo Mendini, il quale a delazione di me infrascritto prestò il giuramento.

ENTRATA
Ricavati dal maso della chiesa, compreso quello che gode Francesco Mendini T.130 =6
Dagli eredi del Nob. Nicolò Mendini T.6 =
Per affitto dai fratelli del qm Giobatta Inama T.19 =
Da Giacomo qm Ottavio Inama per due capitali T.25 =10
Da Vittore Tamè T.9 =
Dal Nob. Bartolomeo Mendini T.6 =9
Da Giacomo Inama T.52 =6
Da Francesco Mimiola T.15 =9
Da Gaspare Inama per la casetta T.7 =6
Da Antonio Inama per il fondo alla Croce frumento stari uno, segale stari uno T.11 =
Per il fondo a Cavauden da Francesco Mendini T.6 =
Per mortori T.3 =
Per il fondo a Plantadiz capitale di R.si 35 T.9 =5 =2
SOMMA T.302 =6 =2

ESPOSTI
Primieramente speso a far comodar il battente della campana piccola al ferraro T.9 =
Per il viaggio in tale occasione T.1 =6
Esposti per far perticare il maso da Odorico Gilli T.10 =7
Far un istrumento al sig. Pietro Medis T.3 =8
Per sapone, spazzadore ed una spina del lavamano a metterla a suo luogo T.4
Esposti per la Santa Visita di sua porzione T.35 =6
Al sig. Romedio Mendini per il saldo T.22 =4
Speso per comodar candeliere, sacri convivi T.2 =6
Per olio comprato, libre 2 e mezzo T.2 =10
Per l'officio Inama tra l'ottava de morti, compresi i due pranzi al sacrestano e sindico T.18 =
Al sig. Dallago per vari capi avuti di cera, calamaio, bordi, tele T.164 =
Per messe legatarie ed assistenza ai conti T.92 =6
Per la porzione della fabbrica della canonica T.13 =6
Per un libro da scrivere l'istrumenti, inventario T.2 =6
Per corporali lavati T - =9
Per opere varie da sarto T.25 =
Per l'onorario della resa dei conti agli assistenti ai medesimi T.4 =
Al sacrestano per due pranzi cioè alle rogazioni e l'altro per l'officio Massenza T.2 =
Più per altri impieghi straordinari al sacrestano T.1 =6
SOMMA  T.415 = 8=
Sopra quali partite calcolate ambedue le somme tanto del ricevuto che dell'esposto, è risultato che l'anzidetto sindico Antonio Inama è rimasto creditore del novello sindico il Nob. Bortolo Mendini ossia della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo di Troni centotredici, Carantani quattro, Quattrini tre, dico:


T.113 =4 =3




Una delle ultime pagine dell'urbario relativa all'anno 1807

Fino al 1810 fu sindaco della chiesa Mattia Mendini e dopo di lui, si disse per disposizioni superiori, furono incaricati Alfonso Cova e Giuseppe Panizza di Taio, i quali presentarono un bilancio raggruppato per gli anni dal 1811 al 1818. Dal 1819 in poi, l'amministrazione ritornò definitivamente in mano ai dermulani e sindaco fu nuovamente Mattia Mendini.
La primissaria continuò la sua esistenza fino al 1950, quando fu istituita la parrocchia di Dermulo.


Frontespizio del bilancio del beneficio primissariale per  gli anni 1926-1928 Prima pagina del bilancio primissariale relativo agli anni 1811-1818

 

 

TRASCRIZIONE DEL BILANCIO DEL FONDO PRIMISSARIALE DI DERMULO NEL 1847

I REALITA'  
Una casa portante il civico n. 16 servente a uso canonica stimata..............................................................................................................................    F.550 Xni 200
Un orto aderente a detta canonica..............................................................................................................................................................................    F.40 Xni 30
II LIVELLI  
Cioè fondi venduti dal comune nell'anno 1778 come in rogiti Bergamo fruttanti il cinque per cento, denominati ai Rauti, presso i seguenti:  
1 Presso Teresa Inama moglie di Stefano abitante in Coredo, una pezza di terra di stari 4 e mezzo circa nelle dette pertinenze ai Rauti confinata a) dalla strada , b) eredi di Giovanni Maria Tamè, c) la strada, d) Romedio fu Giuseppe Mendini o per meglio dire Teresa figlia dello stesso, maritata con Pietro Inama. Stimata.........................................................................................................................................................................................
  
   F.192
2 Gli eredi di Romedio fu Giuseppe Mendini una pezza di terra nelle dette pertinenze di stari 2, quarte 3 e mezzo, a cui fanno confine a) Giovanni Inama, b) Battista e Teresa Inama giugali, c) la strada, d) eredi di Giuseppe Tamè. Stimata.....................................................................................    F.114 Xni 17
3 Eredi di Giovanni Maria Tamè una pezza di terra nelle dette pertinenze di stari 2, quarte 3  a cui fanno confine a) la strada, b) eredi di Pietro Mendini, c) la strada, d) Teresa Inama. Stimata........................................................................................................................................................  
   F.106 Xni 40
4 Eredi di Antonio Massenza Tomelin, una pezza di terra di stari 3, posta nelle dette pertinenze a cui fanno da confine a) la strada, b) eredi di Baldassarre Inama, c) la strada, d) eredi di Pietro Mendini. Stimata........................................................................................................................
?
5 Eredi di Valentino Inama una pezza di terra nelle dette pertinenze di stari 3 a cui fanno confine a) la strada, b) il Comune, c) la strada, d) le sorelle Massenza. Stimata........................................................................................................................................................................................  
   F.134 Xni 51
6 Teresa moglie di Antonio Endrizzi una pezza di terra nelle dette pertinenze di stari 4 a cui confinano a) e b) il comune, c) la strada, d) Eredi di Antonio Inama. Stimata...........................................................................................................................................................................................    
   F.153 Xni 8
7 Eredi di Pietro Mendini una pezza di terra nelle dette pertinenze di stari 3 confinata a) la strada, b) le sorelle Massenza, c) la strada, d) eredi di Giovanni Maria Tamè. Stimata.................................................................................................................................................................................    F.67 Xni 25
     F.864 Xni 21
III LEGATI PII
a) La fu signora Vittoria Monauni di Taio, con testamento fatto nel 1837 lasciò alla primissaria e scuola di Dermullo F.500 abusivi, pari a Fiorini d' Impero......................................................................................................................................................................................................................  
   F.480
b) Il signor don Giacomo Mendini attuale primissario di detto luogo, donò a quella primissaria Fiorini 25 Abusivi pari a Fiorini d'Impero............    F.24
c) Giacomo Inama con suo testamento dei 25 marzo 1846 lasciò alla detta primissaria 25 Fiorini abusivi coll'obbligo di una messa annuale perpetua    F.24
     F.528
IIII DALLA CHIESA  
Dalle rendite della chiesa primissariale di Dermullo come appare da Decreto capitanale dei 26 giugno 1833 n. 1993 approvato dalla curia Vescovile di Trento percepisce il sig. primissario di detto luogo F.38 Xni 36...........................................................................................................................
   F.772
V DAL COMUNE  
Dal comune di Dermullo percepisce quel sig. primissario ogni anno f.23 Xni 28 d'imp..........................................................................................    F.469 Xni 20
   
RECAPITOLAZIONE DELL'ATTIVO
I REALITA'    F.590
II LIVELLI    F.864 Xni 21
III LEGATI PII    F.528
IIII DALLA CHIESA    F.772
V DAL COMUNE    F.469 Xni 20
SOMMATO TOTALE    F.3223 Xni 41
SEGUONO GLI AGGRAVI  
   
Il comune di Dermullo che incassa tutte le entrate provenienti dalle sopra indicate fondi deve pagare annualmente al sig. primissario fiorini 140 abusivi pari a f. d'impero.........................................................................................................................................................................................  
   F.134 Xni 24
e per questa cifra il sig. primissario deve celebrare in Dermullo tutti i giorni dell'anno la messa prima nei giorni festivi, deve insegnare la dottrina cristiana, ascoltare le confessioni, d'assistere gli ammalati, è pure suo dovere, come pure di tenere la scuola per tutto il corso invernale fissato dalle preposte superiorità a mesi 6. Finalmente è tenuto a prestarsi alle sacre funzioni solenni che si fanno in parrocchia.
(Vedi le foto del documento)
 

 

 


 

[1] I benefattori furono i seguenti: Ottavio fu Vittore Inama, gli eredi di Antonio Inama, ossia i fratelli Bartolomeo, Antonio, Marino e Giovanni Battista, gli eredi di Nicolò Mendini, ossia i fratelli Pietro Antonio, Pietro, Giacomo e Giovanni, Antonio Mendini, Michele Inama, Valentino Inama, Maria vedova di Tommaso Massenza, Domenica figlia del fu Bartolomeo Inama, Simone Tamè, Domenico Massenza, Gregorio Endrizzi, Giovanni Giacomo Inama e Silvestro Inama. L'unica famiglia a rimanere esclusa dalla donazione, fu quella di Giovanni Emer, comunque formata in quel momento solo da lui e la moglie Ludovica Cordini. Tutte le figlie erano già maritate e il figlio Giuseppe Vittorio risiedeva a Taio, dove era stato accolto come vicino. Probabilmente Giovanni non aveva ritenuto opportuno impegnarsi per un servizio di cui lui avrebbe goduto per poco, vista l'età, ma che, come erano le cose in quel momento, non avrebbe giovato nemmeno ai suoi eredi. In realtà le cose poi cambiarono e Vittorio fece ritorno a Dermulo. Complessivamente, come si rileva dal documento del 30 novembre 1710, la somma messa a disposizione fu 438 Ragnesi, dalla quale al 7% si ricavavano gli interessi di 30 e più Ragnesi, da versarsi metà in denaro e metà in grano interzato (grano, segale e legumi).

[2] Il primissario era il sacerdote che celebrava la prima messa al mattino molto presto.

[3] Nel 1717 nel repertorio degli atti del notaio Giovanni Antonio Simoni di Tres, risulta il testamento della consorte di Giovanni Antonio Salà, ma purtroppo l'atto non è reperibile.

[4] Le notizie di questa sezione sono state desunte dal Libro A e dal Libro B presso l'ADTn.
[5] In realtà non esiste una chiara informazione che il primissario di Dermulo in quel periodo fosse stato il Rosetta. Nella resa di conto relativa al 1783 fra le uscite è contemplata una spesa di 37:6 Troni per un tale don Giovanni Maria che si dice "per il tempo che era stato a Dermulo a norma dell'erezione della primissaria". Il cognome del prete non è menzionato, ma ritengo si trattasse del Rosetta.