LE MESSE LEGATARIE E ALTRI LASCITI



Fin dai tempi più antichi, non era cosa rara che le persone lasciassero in punto di morte, dei capitali o dei terreni alla chiesa paesana. La cosa era sicuramente facilitata, se il benefattore godeva di una certa agiatezza e magari, era privo di discendenti diretti. In tale modo, gradualmente si formò un patrimonio in continua crescita che poteva essere messo a frutto con il prestito in caso di capitali o con locazioni in caso di terreni. Questi lasciti erano legati a celebrazioni di varie messe a suffragio dei benefattori che nel vecchio specchietto sotto riportato, sono individuate come “gravitanti il patrimonio della chiesa”. Le predette messe, generalmente, furono istituite prima del Settecento. Altra cosa, furono invece i lasciti effettuati con lo scopo di mantenere un sacerdote. A Dermulo, durante il Settecento, si era costituito un fondo patrimoniale, al quale concorsero molte persone, in alcuni casi per disposizioni testamentarie, in altri per una scelta collettiva, mirata proprio a voler avere un sacerdote stabile in paese. Anche in questo caso i donatori beneficiarono di messe in loro suffragio, distinte nello specchietto, come “gravitanti il patrimonio beneficiale”. Si accenna infatti alle messe legatarie, anche al punto 8 del documento di fondazione della primissaria del 1778, che così recita: "Il S.r Premissario potrà pure o dovrà celebrare tutte le messe legatarie, che vennero in addietro celebrate in Dermulo dalli antecedenti S.ri Premissari l’elemosina delle quali consiste parte in troni due e mezzo per cadauna, parte in troni due carantani trei e troni due e troni uno e carantani nove parte in danaro e parte in grano".
L’artistico prospetto di origine ottocentesca conservato nell’archivio parrocchiale di Taio, riporta la suddivisione delle messe legatarie nelle due tipologie specificate.[1] Nel disegno sono visibili alcune aggiunte postume fatte a matita che evidenziavano la mancanza di due messe, una il primo venerdì dopo l'ascensione per i coniugi Antonio e Maddalena Mendini, e l'altra il giorno dell'ascensione per Giuseppe Massenza. Sempre a matita, l'anonimo revisore si interroga sull'assenza di Ottavio Inama, che da altri documenti, risultava beneficiato di cinque messe. L'autore della tabella ha commesso però anche dei palesi errori nei nominativi dei beneficiati, dovuti probabilmente a sbagli di lettura nei documenti o a distrazione. Per cui l'eremita Etterarther è diventato "Eternoster", e Gregorio Endrizzi, "Giorgio Endrizzi". Un discorso a parte è da fare per "Emer Silvestro", che ritengo potesse essere invece stato Inama Silvestro o Emer Cristano e anche per il sacerdote "Pietro Antonio Panizza", nome questo, storicamente privo di riscontri fra i religiosi. In quest'ultimo caso le ipotesi potrebbero essere molte. Il nome Pietro Antonio era molto diffuso nella famiglia Panizza, ma in nessun caso era portato da un religioso, quindi, se il nominativo non si riferiva a un prete, potrebbe essere stato, Pietro Antonio figlio di Matteo, morto nel 1729. Rimanendo in ambito religioso, invece, si sarebbe potuto trattare di don Filippo Antonio Panizza, o forse, di don Pietro Panizza che di Dermulo era pure convicino. Infine devo rilevare i molti errori fatti in merito al numero delle messe attribuite ad Antonio Mendini e sua moglie Maddalena. A parte l'attribuzione delle 5 messe che invece erano di Ottavio Inama, c'è stata una grande confusione fra quelle attribuite al solo Antonio e quelle relative ad entrambi i coniugi, non solo, ma anche allo scambio di nominativi fra Antonio, Giacomo Antonio e Giacomo, tutti Mendini.
Nel prospetto appaiono occupate da messe legatarie, le prime, le terze e le quarte domeniche dell'anno, e le seconde solamente per i primi dieci mesi. Risultano quindi libere le seconde domeniche del mese di novembre e dicembre, ma stranamente si è sovrapposta una messa nella prima domenica di ottobre. (Forse invece era la prima domenica di novembre?). Altra cosa curiosa è la mancanza nel prospetto del mese "aprile", che pertanto, ad eccezione delle domeniche, risulterebbe senza messe e di "ottobre" che si presenta solo con una messa. (Vedi il nuovo prospetto con le correzioni apportate)
 
Nuovo Prospetto con le correzioni apportate


 Messe gravitanti il patrimonio beneficiale

NOME

n. MESSE
da prospetto

n. Messe in seguito alla riduzione dell'anno
1854

NOTE

Don Pietro Antonio Panizza

12

7

Non esiste nessun sacerdote con questo nome nella famiglia Panizza. Molto probabilmente si trattava di don Pietro Panizza che possedeva pure il diritto di vicinato a Dermulo, oppure di don Filippo Antonio Panizza. Le messe per il suddetto Pietro Antonio dovevano essere celebrate ogni prima domenica del mese.

Don Antonio Emer

10 4

Giovanni Antonio Emer era il figlio di Giovanni era nato a Dermulo nel 1668, fu ordinato sacerdote nel 1683 e morì in Austria, dove svolse gran parte del suo mandato, intorno al 1744. Le 10 messe legatarie derivavano dal lascito di 100 Ragnesi che aveva disposto nel suo testamento, per il mantenimento di un sacerdote a Dermulo. Nello specchietto si dice che le messe dovevano essere celebrate nelle feste di Pasqua, Pentecoste e Natale, e non si capisce in quale modo si potesse far tornare il numero di 10, a meno che non si ricomprendessero altri giorni prossimi a tali feste.
 

Bartolomeo Massenza

2 1

Figlio di Luca. Una messa veniva celebrata il 29 settembre (giorno di San Michele) e l'altra il 30 novembre (Sant'Andrea). Non c'è un riscontro sull'origine di queste due messe.

Vittore Tamè 1 1 Probabilmente era il figlio di Giorgio. Vittore aveva redatto testamento a Castel Bragher nel 1767 dove si trovava gravemente infermo. Di questa messa che veniva celebrata l'8 maggio, festa di San Vittore, patrono della chiesa pievana di Taio, non si ha il riscontro documentale.

Giacomo Mendini

9 6

Le messe di Giacomo III figlio di Giacomo II, non provenivano dalla fondazione del 1710, ma da un legato istituito nel 1728 assieme al fratello Giacomo Antonio II, radicato su un terreno al Bertus, che si può riconoscere nella parte ovest della futura p.f. 606. Le messe erano istituite col documento erano 8 e si disse dovessero essere celebrate nei giorni della Santa Maria Vergine e quindi come da prospetto: 2 febbraio (Purificazione di Maria), 25 marzo (Annunciazione), 2 luglio (Madonna delle Grazie), 5 agosto (Santa Maria della Neve), 15 agosto (Assunzione della Beata Vergine Maria), 8 settembre (Natività della Beata Vergine Maria), 21 novembre (Presentazione della Beata Vergine Maria) e 8 dicembre (Immacolata Concezione). Riguardo alla festa del 2 luglio non sono sicuro che si trattasse della festa prevista dal benefattore. Non sono riuscito neppure a reperire l'atto di fondazione della messa da celebrarsi la prima domenica di ottobre.
Nel 1735 Giacomo Antonio II, fratello di Giacomo III, nel suo testamento aveva disposto la celebrazione di ulteriori due messe perpetue fondate sempre sul terreno al Bertus. Una da celebrarsi il giorno di Sant'Antonio Abate (17 gennaio) e l'altra il giorno di Sant'Antonio di Padova (13 giugno). Nel prospetto, in quelle date troviamo invece Antonio Mendini e la moglie Maddalena e non appare mai citato il nominativo di Giacomo Antonio Mendini. Come ho dimostrato più sotto, dove tratto di Antonio Mendini, le messe a lui attribuite i giorni 18 gennaio e 14 giugno, in realtà appartenevano a Giacomo Antonio Mendini. Concludendo, la messa mancante fra le 11 spettanti ad Antonio, fu attribuita erroneamente a Giacomo e si doveva trattare verosimilmente di quella istituita il 2 luglio o in alternativa quella della prima domenica di ottobre.

Antonio e Maddalena Mendini

15
6

Le messe derivano, almeno in parte, dal legato pio di 12 messe che i coniugi Mendini avevano disposto nel 1733: il giorno di San Antonio Abate (17 gennaio), il giorno di San Romedio (15 gennaio), il giorno della conversione di San Paolo (25 gennaio), a San Valentino (14 febbraio), San Biasio (3 febbraio), di San Zeno (in realtà con Sanzeno si intendeva i Santi Martiri, 29 maggio), di San Antonio da Padova (13 giugno), il venerdì dopo l’ascensione, a Santa Elisabetta  (23 settembre), Santa Maria Maddalena (22 luglio), il primo sabato del mese di Agosto, a Santa Lucia (13 dicembre). Dal prospetto risulta che 9 erano a suffragio di entrambi i coniugi, 2 invece a nome del solo Antonio (25 gennaio e del 14 febbraio) inoltre  non c'è traccia della messa da celebrarsi il 23 settembre. I coniugi avevano assicurato la celebrazione delle 12 messe su un loro terreno alla Sgolma e se non fosse stato sufficiente su un altro arativo a Cavauden detto il Campo del Conz. Stranamente però, risultano altre 6 messe a nome dei coniugi non elencate nel documento del 1733, ovvero una il 16 agosto, giorno di san Rocco e 5, la IV domenica degli ultimi 5 mesi dell'anno. Queste ultime erano le 5 messe previste per Ottavio Inama, assegnate per errore ai coniugi Mendini. La messa del 16 agosto aveva forse sostituito quella del 23 settembre.
In conclusione, se togliamo le 5 messe che erano per Ottavio Inama, ne mancherebbero 2 a suffragio di entrambi i coniugi, attribuite invece per sbaglio, al solo Antonio.

Antonio Mendini

14
6

Antonio era stato beneficiato di 11 messe per la donazione del 1710, ma anche in questo caso il prospetto riporta degli errori. Fatte salve le 7 messe da celebrarsi la IV domenica dei primi sette mesi dell'anno, e togliendo le due del 25 gennaio e 14 febbraio, che come abbiamo visto qui sopra, in realtà erano a suffragio oltre che di Antonio anche della moglie Maddalena, abbiamo la seguente situazione. Una messa il 6 e il 18 gennaio, una il 25 febbraio, una il 12 marzo e una il 14 giugno. In totale quindi le messe risulterebbero 12, ossia una in più di quanto previsto.
Esiste un documento del 1735 con il quale Giacomo Antonio Mendini II istituiva due messe legatarie da celebrare i giorni di Sant'Antonio Abate, ossia il 17 gennaio, e di Sant'Antonio di Padova, ossia il 13 giugno. Osservando lo specchietto si nota che nei giorni citati, le messe sono entrambe a suffragio dei coniugi Antonio e Maddalena Mendini, come infatti era stato da loro disposto. In questi casi però, quando cioè i giorni scelti per la messa erano già occupati, era prassi consolidata che venissero posticipati al giorno successivo. Ed ecco che allora troviamo due messe da celebrarsi il 18 gennaio e il 14 giugno a nome però di Antonio Mendini anzichè di Giacomo Antonio Mendini. A questo punto le messe per Antonio sarebbero 10 e ne mancherebbe una che però era stata assegnata per errore a Giacomo Mendini il 2 luglio, per cui ora i conti tornano.

Giacomo Inama

10

6

Giovanni Giacomo, figlio del fu Vittore Inama, era stato beneficiato di 10 messe per la donazione del 1710 che dovevano essere celebrate la seconda domenica dei primi dieci mesi dell'anno.

Silvestro Inama

12

7

Silvestro, figlio del fu Giacomo Inama, era stato beneficiato di 12 messe per la donazione del 1710.

Simone Tamè

1 1

Simone Antonio Tamè era figlio del fu Vittore e di Giulia Emer. La messa derivante dalla donazione del 1710, doveva essere celebrata il giorno del Corpus Domini.

Ottavio Inama

5 1

Ottavio figlio del fu Vittore Inama era nato nel 1705 ed era stato beneficiato di 5 messe per la donazione del 1710. Nel prospetto il suo nome e le relative messe per dimenticanza del compilatore non appaiono. Si può notare invece una nota a matita che appunta questa mancanza. Il numero delle messe è stato desunto da un altro documento.

Antonio Inama

2 1

Marino, Giovanni Battista, Bartolomeo e Antonio eredi di Antonio erano stati beneficiati di 2 messe per la donazione del 1710 da celebrarsi il primo maggio e il 24 giugno.

Domenica Inama

1 1

Domenica era figlia del fu Bartolomeo Inama morto nel 1700. Domenica era stata beneficiata di 1 messa per la donazione del 1710 da celebrarsi il 3 maggio.

Valentino Inama

2

1

Valentino era figlio di Giovanni Battista Inama e fu beneficiato di 2 messe per la donazione del 1710 da celebrarsi il 26 giugno e il 10 agosto.

Nicolò Mendini

2 1

Gli eredi di Nicolò Mendini erano Pietro Antonio, Pietro, Giovanni e Giacomo. Per la donazione del 1710, in suffragio di Nicolò erano state assegnate 2 messe nei giorni di 29 giugno e 25 luglio.

Domenico Massenza

2 1

Giovanni Domenico, figlio di Luca Massenza era stato beneficiato di 2 messe per la donazione del 1710 una il giorno 26 luglio e l'altra il17 agosto.

Michele Inama 2 1 Michele, figlio di Giovanni Battista Inama fu beneficiato di 2 messe per la donazione del 1710 da celebrarsi il giorno 21 settembre e 28 ottobre.

Gregorio Endrizzi

2 1

Gregorio, figlio di Enrico Endrizzi era nato nel 1641 e morto intorno al 1717. Le due messe derivavano dalla donazione del 1710 e dovevano essere celebrate l'1 novembre e 21 dicembre.


Giuseppe Massenza

1
1

La donataria inizialmente fu la madre di Giuseppe, Maria Brion, vedova di Tommaso Massenza. La messa, dimenticata nel prospetto ma segnata a matita, doveva essere celebrata il giorno dell'Ascensione.

Legato Salà 104 60 Per il legato Salà dovevano essere celebrate due messe alla settimana.

TOTALE 204 114  

 

Per quanto riguarda il patrimonio beneficiale, ben 104 di queste messe, ovvero due in settimana, riguardavano il legato Salà. Nel 1716 infatti, la comunità di Dermulo fu beneficiata da un certo Giovanni Antonio Salà di Nanno, abitante a Tres. I motivi per i quali, il Salà beneficiò Dermulo, anzichè Tres o Nanno, non sono noti. Sospetto che tale azione fosse stata suggerita e caldeggiata da qualche prete. Il Salà lasciò alla comunità un gran numero di terreni nelle pertinenze di Tres, con l’onere di far celebrare due messe settimanali perpetue. I terreni al momento del lascito, erano posseduti in locazione perpetuale da Giuseppe Brida, genero del Salà, il quale doveva quindi corrispondere l’affitto alla comunità nella misura del 5 %. I terreni erano i seguenti: due campi a Fazè, un campo con un gazetto alla Spona, un campo a Malgol, un campo a Vit, un campo a Fora Vion (alle Marchete), un campo alla Boschaiola ed un arativo e vignato a Segno nella località Sottorover. Nel 1752 venne rinnovata l’investitura degli otto terreni a Giovanni Battista Brida figlio di Giuseppe di Tres. Nel 1767 i regolani di Dermulo, Giovanni Inama e Silvestro Inama, investivano Giacomo figlio di Antonio Micheli di Vion di un terreno in quelle pertinenze. Si trattava del terreno denominato alle Marchete che veniva quindi scorporato dagli altri del legato Salà. Nel 1825, il decano di Taio don Nicolò Monauni e Mattia Mendini sindaco della chiesa di Dermulo, rinnovavano a Maria Domenica, vedova di Giovanni Sandrin, l’investitura dello stesso terreno a Vion. E’ questa l’ultima notizia dei terreni appartenenti al legato Salà. E' plausibile quindi, che gli affittuari si fossero affrancati. Nel 1843 tali messe furono ridotte a 73 e nel 1854 ulteriormente ridotte al numero di 60.
Ben 53 delle messe legatarie gravanti sul patrimonio beneficiale, derivavano dalla donazione fatta dai vicini di Dermulo con la prima fondazione primissariale del 1710. I dermulani infatti avevano destinato gli interessi che si potevano ricavare dalla somma di 438 Ragnesi, allo scopo di mantenere un sacerdote che celebrasse la messa ogni domenica. I benefattori che furono poi compensati nella proporzione di circa una messa per ogni 8 Ragnesi di capitale offerto, legarono i seguenti terreni:
1) Ottavio fu Vittore Inama regolano da il buon esempio e promette dare 40 Ragnesi assicurandoli su un terreno arativo e vignato a Cambiel cui 1 Giacomo Inama, 2 Via comune, 3 Antonio Mendini, 4 Silvestro Inama. Poi compensato con 5 messe perpetue.
2) gli eredi di
Antonio Inama, Giovanni Battista silicet Bartolomeo, Antonio e Marino fratelli assegnarono 20 Ragnesi assicurati su un arativa detta al Fossà ossia Cavauden cui 1 il rivo sotto corrente, 2 Bartolomeo Massenza, 3 beni comuni, 4 eredi di Nicolò Mendini. Poi compensati con 2 messe perpetue.
3) gli eredi di
Nicolò Mendini, Pietro Antonio silicet Pietro, Giovanni e Giacomo fratelli per 23 Ragnesi assicurati su un arativa detta al Fossà ossia Cavauden cui 1 rivo, 2 eredi di Antonio Inama, 3 via consortile, 4 Pietro Antonio Mendini. Poi compensati con 2 messe perpetue.
4)
Antonio Mendini per 80 Ragnesi da una terra arativa al Bertus cui 1 via Imperiale, 2 eredi del nobile Antonio Panizza, 3 Giacomo Mendini, 4 Chiesa di Dermulo. Poi compensato con 11 messe perpetue.
5)
Michele Inama dà 16 Ragnesi e sottopone un suo terreno alle Marzole cui 1 Pietro Antonio Mendini uxorio nomine, 2 eredi di Nicolò Mendini, 3 Valentino Inama, 4 Silvestro Inama. Poi compensato con 2 messe perpetue.
6)
Valentino Inama da 18 Ragnesi e sottopone un suo terreno pertinenze di Dermulo alle Palisole (Parisole) cui 1 don Filippo Panizza, 2 Via imperiale, 3 Silvestro Inama, 4 Giovanni Giacomo Inama. Poi compensato con 2 messe perpetue.
7) Maria vedova di Tommaso Massenza da 7 Ragnesi su un orto a Dermulo cui 1 la propria casa, 2 il muro degli eredi di Antonio Inama, 3 via comune, 4 la casa dell’eremo di santa Giustina.
Poi compensata con 1 messa perpetua. (più tardi a nome del figlio Giuseppe)
8)
Domenica figlia dei fu Bartolomeo Inama da 9 Ragnesi e sottopone un fondo alle Marzole cui 1 via imperiale, 2 eredi di Nicolò Mendini, 3 Pietro Antonio Mendini uxorio nomine, 4 Antonio Mendini. Poi compensata con 1 messa perpetua.
9)
Simone Tamè per 10 Ragnesi sottopone la sua arativa e vignata al Campolongo cui 1 2 3 4 i beni comunali. Poi compensato con 1 messa perpetua.
10)
Domenico Massenza 16 Ragnesi sopra un terreno al Fossà ossia Cavaudem (Cavauden) cui 1 2 3 comune di Dermulo, 4 Bartolomeo Massenza fratello. Poi compensato con 2 messe perpetue.
11)
Gregorio Endrizzi per 19 ragnesi assicurati sul suo orto alla Crosara cui 1 via Imperiale, 2 Ottavio Inama, 3 Antonio Betta, 4 Eredi di Francesco Antonio Guelmi. Poi compensato con 2 messe perpetue.
12)
Giovanni Giacomo Inama per 80 Ragnesi, una terra arativa e boschiva nelle pertinenze di Coredo alle Fontanelle cui 1 Comune di Coredo, 2 4 Silvestro Inama, 3 via Imperiale. Poi compensato con 10 messe perpetue.
13)
Silvestro Inama per 100 Ragnesi, una terra arativa e vignata al Greggioto (non puo essere il Grezot visto che a sera confina con la via imperiale, infatti è al Raut) cui 1 2 comune di Dermulo, 3 via imperiale, 4 Giacomo Mendini. Poi compensato con 12 messe perpetue.

Ci sono poi altre 47 messe derivanti da disposizioni testamentarie, alcune delle quali non sono attualmente conosciute.
I coniugi Antonio e Maddalena Mendini, morirono rispettivamente nel 1737 e nel 1736, senza discendenti diretti, per cui avevano nominato erede il cugino Giacomo III. Nel testamento i coniugi lasciarono un legato perpetuo di 12 messe annuali da celebrarsi dal primissario, in giorni ben prestabiliti, nella chiesa di Dermulo. Le messe si aggiunsero alle 11 istituite per la fondazione primissariale del 1710, che occuparono, come da prospetto, le quarte domeniche dei primi sette mesi dell'anno.
Altre 12 messe furono istituite dal sacerdote
Pietro Antonio Panizza (Filippo Antonio Panizza?) e 10 da don Antonio Emer. Ancora 8 da Giacomo Mendini e 2 dal fratello Giacomo Antonio, queste ultime non apparenti nel prospetto. Infine, sono prive di riscontri documentali le due messe di Bartolomeo Massenza e la messa di Vittore Tamè.
Nel 1843 le 100 messe legatarie furono ridotte a 71, in quanto il primissario, don Giacomo Mendini, percepiva solo 35 Fiorini e 50 Carantani per la loro celebrazione. Nel contempo furono ridotte a 73 anche le messe da celebrarsi per il legato Salà, per le quali venivano percepiti 36 Fiorini e 24 Carantani. Nel 1854 le messe per il legato Salà, furono ulteriormente ridotte a 60, mentre le altre passarono a 56. (Nel prospetto le messe risultano 52 anzichè 56.)
Nel 1926 abbiamo la conferma che le messe legatarie riguardanti il beneficio primissariale si erano stabilizzate a 116.
Di una messa perpetua legata su un terreno al Rì, si accenna in due documenti datati 1762 e 1764, il cui proprietario risultava Giovanni Battista fu Bartolomeo Inama. Nel 1772 nella vendita fatta dallo stesso Giovanni Battista Inama a Romedio Chilovi di casa e alcuni terreni a Dermulo, si dice che oltre al gafforio, i detti beni erano soggetti ad una messa legataria perpetua nella chiesa di San Giacomo. Sembrerebbe la stessa messa citata nel 1762 e 1764, ma in ogni caso non ci sono documenti che possano chiarire la provenienza di detto legato.
Infine, nel 1795 si ha notizia di un'altra messa perpetua primissariale, radicata su un terreno a Rizzai di cui era proprietario Giovanni fu Giovanni Battista Inama, pure questa senza un riscontro documentale.


RIDUZIONE DELLE MESSE LEGATARIE NEL 1843

RIDUZIONE DELLE MESSE LEGATARIE NEL 1854




 Messe gravitanti il patrimonio delle chiesa

NOME

n. MESSE

NOTE

Don Gaspare Inama

18

Don Gaspare Inama pievano di Fassa, nel suo testamento redatto nel 1615, aveva lasciato alla chiesa di Dermulo la somma di 200 Ragnesi per la celebrazione di 24 messe annue perpetue. Non c’è riscontro sul motivo per il quale ne furono decurtate 6.


Eremita Eternoster

12

Giovanni Giacomo Etterharter di Innsbruck fu il primo eremita documentato di Santa Giustina. Nel 1627 aveva ceduto alla chiesa di Dermulo un capitale di Ragnesi 111:6:3 e per tale lascito ordinava che gli fossero celebrate 7 messe nella chiesa di Santa Giustina; una il 24 aprile (giorno della consacrazione della chiesa), una il 26 settembre (festa dei SS Giustina e Cipriano) e una per ogni mese di giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre.  Dopo la sua morte aveva lasciato un capitale di 100 Ragnesi alle chiese di Dermulo e Santa Giustina, per un totale di 9 messe legatarie. Probabilmente le messe da celebrarsi all'eremo di Santa Giustina furono poi ridotte e dirottate sulla chiesa di Dermulo.


Inama Bortolo

4

Bartolomeo Inama nel 1688 aveva lasciato alla chiesa un terreno a Dermulo, nella località alla Croce, con l’aggravio di 4 messe annuali.


Gaiardelli Federico

2

Federico Gaiardelli di Tres fu eremita di Santa Giustina almeno dal 1662 fino al 1670. L’eremita aveva lasciato alla chiesa di Santa Giustina un terreno a Tres, nella località all’Ors con l’aggravio di 2 messe annue. L’aggravio fu poi trasferito su un terreno a Dermulo, nel luogo detto al Fossà. Il Gaiardelli risulterebbe eremita anche intorno al 1690, forse era stato rieletto dopo un periodo di assenza.


Vittore Tamè

2

Non ho reperito notizie in merito a queste due messe. Presumo che fossero state fondate dal primo Vittore Tamè che arrivò a Dermulo intorno al 1680.


Lucia Inama

1

Da alcune informazioni presenti nell'urbario della chiesa di San Vittore di Taio, confermato da un documento notarile del 1703, sembrerebbe che l'istitutrice della messa sia da riconoscersi in Lucia Valemi di Taio, vedova del fu Luca Massenza di Dermulo. Risulta infatti, che Lucia avesse fondato una messa perpetua per il giorno di Santa Lucia, assicurata su un suo terreno nelle pertinenze di Sanzeno, a Cavauden. Della messa detta di Santa Lucia si trovano altre menzioni nell'urbario della chiesa di Dermulo, ma non appare da chi fosse stata fondata. Per contro non è mai apparso che una Lucia Inama (figlia di Vittore e moglie di Giovanni Battista Inama? Oppure Lucia Fedrizzi moglie di Ottavio Inama) avesse istituito qualche messa perpetua, per cui, quanto appare nel prospetto è da considerarsi l'ennesimo errore del compilatore.


Fuganti eremita

2

Non essendo specificato il nome, potrebbe trattarsi di Francesco, documentato eremita di Santa Giustina dal 1715 al 1725, oppure di Giovanni Giacomo che a Santa Giustina rimase almeno dal 1730 al 1741. Esprimo però un dubbio che anzichè l'eremita Fuganti, non si fosse trattato dell'eremita Giovanni Battista fu Domenico Gilli di Taio, del quale risulta un legato per due messe perpetue, una cantata e una bassa, da celebrarsi il 26 settembre, giorno di Santa Giustina.

Cattarina Inama

1

Si trattava di Caterina Bertoldi, moglie di Antonio Inama. La messa cantata perpetuale era stata disposta nel testamento di suo figlio Marino morto nel 1717. L'officio doveva essere celebrato il giorno di Santa Caterina e il legato era stato assicurato su una arativa vignata alle Marzole.


Emer Silvestro

3

Molto probabilmente, si trattava invece di Silvestro Inama che aveva disposto 6 messe legatarie nel suo testamento del 1744, poi attuato da suo figlio Giacomo Antonio sei anni dopo. Silvestro Emer è un personaggio di Taio che era vissuto dopo la prima metà dell'Ottocento, e quindi completamente fuori dal contesto di queste messe e dall'epoca di compilazione del prospetto.

 

Ci sono giunte anche altre notizie di alcune messe perpetue che dovevano essere celebrate nella chiesa di Dermulo, ma delle quali non si trova traccia nel prospetto qui sopra.
Tre di queste messe erano state lasciate come legato dalla famiglia Pret. Tale famiglia si era estinta a Dermulo sul finire del Cinquecento, ma l'esistenza di un legato per la celebrazione di tre messe è comparso nei documenti in altre occasioni. Ad esempio nel 1715, la comunità di Dermulo sollecitò l'arciprete di Taio, don Valentino Bergamo, a ricercare il documento originale di fondazione del legato lasciato dalla famiglia Pret, in modo che si potesse capire, cosa fosse stato stabilito. Tale atto, secondo i regolani della comunità, era stato trasportato da Dermulo a Taio dallo stesso Bergamo, per cui - si disse - era suo dovere reperirlo. Suppongo comunque che non ci sia stato un seguito, perchè successivamente, del legato della famiglia Pret non si è più parlato. Del documento in questione però ho trovato traccia nel regesto dei documenti presenti nella sacristia di Dermulo che così recita: "
V’è instromento di donazione de rogiti di Guariento de Guarienti di Rallo Notaro, fatta da Barbara Frà di Dermullo della Pieve di S. Vittore di Taio de .......1441 a Maria sua figlia de beni provenienti da Pietro suo padre con questo, che Giacomo suo figlio abbi la terza parte di detti beni, coll’obbligo ingionto a d.to Giacomo di far celebrare ogni anno per l’anima sua due Messe e se a ciò non adempisse commanda la donante che, la detta terza parte cada, e cader debba alla fabrica della Chiesa di S. Giacomo di Dermullo." Lasciando a parte le imprecisioni, quali il cognome "Frà" anzichè Pret e l'anno 1441 anzichè 1541 o 1551, questo sembra il documento di fondazione delle tre (due?) messe del legato Pret. Il rapporto di parentela fra le persone citate non è chiarissimo, ma si capisce che Giacomo era la persona obbligata a pagare le messe legatarie, in quanto beneficiato di un terzo dei beni donati da sua madre Barbara.
Riguardo alla famiglia Pret però, c'è un'altra persona che potenzialmente avrebbe potuto contribuire ad aumentare il numero di messe, ovvero Simone, che morì intorno al 1554. Affermo ciò, perchè nell'urbario di San Vittore risulta una messa da celebrarsi il giorno della consacrazione della chiesa, a nome del fu Simone Pret. Simone quindi, potrebbe aver lasciato verosimilmente un legato per celebrare una messa anche nella chiesa di Dermulo. Il documento, come anti altri, si era perso e il relativo obbligo, aggregato a quello delle altre due messe della famiglia Pret.
Altre messe di cui non si fa cenno, sono quelle istituite nel 1724 da Antonio fu Silvestro Rizzardi di Coredo, il quale lasciava alla comunità di Dermulo un capitale di 40 Ragnesi per far celebrare 4 messe nella chiesa del paese. Nel 1726 con tutte le parti d’accordo, le messe furono ridotte a due, ma di queste messe non c’è traccia nel prospetto. Antonio Rizzardi aveva beneficiato Dermulo, in ricordo della nonna paterna Margherita Inama, originaria del nostro paese e il capitale di 40 Ragnesi era stato precedentemente prestato da Antonio a
Gregorio Endrizzi di Dermulo, che quindi divenne debitore della comunità.
Fra gli aggravi contemplati nell'inventario dei beni della chiesa del 1766,
figurano Troni 92,5 da pagare ogni anno al parroco di Taio per le messe legatarie, che si dicono nel numero di 40 anzichè 45.
Nel 1913 le messe gravitanti il patrimonio della chiesa, in precedenza del numero di 45, risultavano ridotte a 31. Nel 1926 viene riconfermato il numero di 31, delle quali
30 erano messe basse, e una cantata.


IL LEGATO PER LE ROGAZIONI 

Nei documenti si sono riscontrati altri interessanti legati, lasciati da persone di Dermulo a favore della comunità. In particolare, qui accennerò solamente ai legati perpetui e non a quelli ordinati per una sola volta o per un numero limitato di anni.
Il legato più vecchio risale al 1718 e fu voluto dai coniugi Antonio e Maddalena Mendini, i quali stabilirono che "Ogni anno in perpetuo nel giorno di martedì delle rogazioni, il reverendo beneficiato a Dermulo, dovrà distribuire davanti alla porta della casa del testatore, troni 6 di pane di formento in tante tronde[2] a quelli che parteciperanno alle rogazioni,[3] dopo la morte dei testatori. Per questo sottoponendo, un quarto di decima che si raccoglie nei campi a Cavauden, proprietà del testatore e pertinenze di Sanzeno." Di questo legato si sono perse le tracce. Per gli aggravi in genere, era verosimile la possibilità di sgravarsi, ma non credo che questa sia stata la fattispecie, in quanto ho la conferma, ad esempio, che per il legato di cui parlo qui sotto, tale possibilità fosse stata preclusa. Infatti in una nota di metà Ottocento, si chiarisce che essendo questi obblighi di origine testamentaria, non era possibile un loro affrancamento.
Nel 1735 fu invece Giacomo Antonio Mendini, cugino del sopraccitato Antonio a disporre un altro legato, ovvero che "in perpetuo sia distribuita una tronda il lunedì delle Rogazioni a quelli che saranno in processione, cioè Stara due e mezzo di frumento, per il cui mantenimento ha sottoposto al consenso del fratello, due luoghi arativi e vignati, uno alle Late e l’altro al Camperdon." Sul luogo a Camperdon, forse perchè non fu soggetto ad alienazioni, non ho trovato accenno a tale obbligo, invece su quello alle Late, l'aggravio è riportato su diversi documenti, ogni qualvolta che il terreno veniva diviso o venduto.
Fino al 1836 il terreno alle Late apparteneva a Romedio fu Vigilio Mendini che in quell'anno lo permutava con i coniugi Giovanni Battista e Teresa Inama, specificando l'aggravio radicato sul terreno, ossia un livello perpetuale di 10 Quarte di frumento, in favore della primissaria di Dermulo .
Nel 1855 si trova notizia che i due obbligati a fornire il pane, a tutti quelli che partecipavano alla processione a Dermulo il primo giorno delle Rogazioni, erano Giuseppe Mendini e Giovanni Battista Inama, quali possessori del terreno alle Late. Nel 1855 i sopraccitati Mendini e Inama erano intenzionati a liberarsi dell’aggravio come avevano già fatto altre persone per l’olio, pagando la somma di 40:48 Fiorini. Tale offerta non fu però accettata in quanto la contribuzione del pane era per disposizione testamentaria e non per pagamento di affitti, inoltre l'anno successivo, il decano di Taio Zoanetti, scriveva che la contribuzione di grano a carico di Giovanni Battista Inama e Giuseppe Mendini, derivava da disposizione testamentaria, la quale dopo alcuni anni si era impiegata per integrare la congrua del primissario, per cui non era suscettibile di riduzione.
In un documento del 1867 si dice che antecedentemente al 1848, per un legato di un ignoto benefattore di Dermulo, nelle solennità delle Rogazioni era uso distribuire un’elemosina di pane, le così dette tronde, per circa 10 Quarte di farina a tutti quelli che partecipavano alla processione. Tale elemosina, a quel tempo, non si sapeva a che titolo gravasse sul fondo alle Late (p.f. 649, 650 e 651) proprietà di Teresa vedova Inama, per tre quarte parti, e per una quarta parte su altro fondo attiguo, proprietà di Giuseppe Mendini (p.f. 647 e 648). Al tempo delle insinuazioni presso l’I.R. commissione per l’esonero del suolo, non fu da questa riconosciuta come aggravio del terreno e quindi non risultò affrancabile. Dopo il 1848-49 i proprietari del terreno, non essendo sollecitati da qualcuno, smisero di effettuare tale elemosina per cui si era passati alla stesura di un documento per regolarizzare il debito. Nell'atto, steso davanti al capocomune di Dermulo, Andrea Eccher, al decano di Taio don Francesco Rosà e al capocomune di Taio Giuseppe Reich, Teresa vedova di Battista Inama, proprietaria di una parte del fondo alle Late, si obbligava a pagare entro dieci anni alla primissaria di Dermulo la somma di 60 Fiorini Austriaci. A garanzia ipotecava a favore del fondo primissariale, il terreno arativo vignato e morarato a Dermulo, nel luogo alle Late, ereditato nel 1836 dal marito Battista.
Nel 1872 venne regolarizzata anche la parte di terreno alle Late appartenuto a Giuseppe Mendini. I suoi eredi Celeste, Luigi e Filippo infatti, vendevano a Camillo di Giacomo Inama un loro terreno alle Latte (p.f. 647 e 648) per l'importo di 35 Fiorini Austriaci. Nel documento si specifica che 15 Fiorini furono sborsati subito, e invece i rimanenti 20 Fiorini, fu concordato che Camillo li versasse al fondo primissariale. Quest'ultima somma si disse, essere dovuta dai Mendini per togliere l’obbligo legato al fondo per la distribuzione del pane (tronde) alle rogazioni, antico legato antecedente al 1848, di cui si era perso il documento. Quindi il legato delle tronde, con la corresponsione al fondo primissariale dei 60 Fiorini da parte di Teresa Inama (3/4) e i 20 da parte di Camillo Inama (1/4)  fu considerato estinto.
Nel 1883 un documento esplicita che, siccome era "venuto a mancare" il terreno alle Late, sul quale nel 1867 era stata posta ipoteca in favore del fondo primissariale nel 1867 per il debito di Teresa vedova di Battista Inama, da parte del suo erede Camillo Inama veniva spostata l'assicurazione sulla casa n. 14 e su altri terreni alle Marzole (P.f. 295), al Poc (P.f. 301, 302) e a Cavauden. Il fondo primissariale era rappresentato da don Celestino Rizzardi, dal capocomune Pietro fu Baldassarre Inama e dal fabbriciere Giuseppe Inama.  

 

IL LEGATO PER IL SANTISSIMO

Il 16 agosto del 1900 moriva nubile a Dermulo Rosa Tamè figlia del fu Vittore. Rosa era nata nel 1825 e non era da confondere con l'omonima Rosa Tamè nata nel 1868, pure figlia di un Vittore che era convolata a nozze con Costante Tamè. Nel suo testamento olografo, redatto il 26 dicembre 1899, "lasciava alla Chiesa di Dermullo Fiorini 400/quattrocento/ pella illuminazione al S.Imo Sacramento, cosa che deve essere attivata nella Chiesa di Dermullo entro un anno dopo la sua morte, tale importo lo lasciava in denaro". La curia di Trento, alla quale era pervenuta detta notizia dall’ I.R. Luogotenenza di Innsbruck, poneva alcuni quesiti al decano di Taio in merito alla possibilità di ottemperare al legato. Tutto si risolse favorevolmente e, con lettera del 17 dicembre 1900, il vicario generale Francesco Oberaurer autorizzò la fabbriceria della chiesa di Dermulo ad accettare il legato “colla riserva però che non possa conservarsi il Santissimo Sacramento nella Chiesa di Dermullo quando non vi sia in paese un sacerdote stabile che celebri quotidianamente la S. Messa, e che attesa la insufficienza della rendita pel mantenimento del lume eterno ne venga limitata la conservazione a certi tempi determinati come sarebbero i giorni domenicali e festivi”.

 


 

 

[1] La tabella delle messe legatarie si trova nell'APta ed menzionata anche negli Atti  visitali del 1825, per cui molto probabilmente era stata compilata non molti anni prima. Nel 1825 erano state rilevate 104 messe per il Legato Salà e 98 per altri legati privati. Quest'ultimo numero non corrisponde a quello apparente nel prospetto che ammonta a 105 messe.

[2] Pane di forma ovale, fatto con farina di grano, impastata con acqua, uova , burro, e lievitata. Le tronde venivano distribuite anche in occasione di funerali e non necessariamente l'obbligo era in perpetuo. Ad esempio Silvestro Inama nel suo testamento aveva disposto che fosse distribuita un tronda sulla porta di casa per ogni vicino che interveniva alla processione delle Rogazioni, ma solamente per lo spazio di due anni.

[3] Le rogazioni si tenevano al mattino presto nei tre giorni precedenti la festa dell'Ascensione, quindi nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì, in quanto l'Ascensione si celebrava esclusivamente di giovedì. Nel 1710 Silvestro Inama incalzato dai visitatori vescovili, disse che non sa suggerire altro se non che "il giorno delle rogazioni venendo il parroco alla processione con altri sacerdoti, invece di dare il pranzo al solo parroco, bisogna darlo anche agli altri sacerdoti e perciò si fa istanza che invece che il pranzo al pievano, gli si dii una competente ricognizione in denaro ....". A seguito di tale osservazione, la commissione stabilì che, per la faccenda dei pranzi alle rogazioni, si dia solo il pranzo all'arciprete e 3 troni agli altri sacerdoti. Dall'urbario della chiesa all'anno 1767, viene specificata un'uscita di 2 Troni per due pranzi somministrati al sacrestano, uno in occasione delle rogazioni e l'altro per la messa Massenza. Nel 1863 il comune di Dermulo deliberava di far costruire a Vittore Tamè tre croci di legno di larice per le campagne per le rogazioni come già esistevano. Nel 1909 si dice che nel costruire il piazzale della nuova ferrovia era stata levata una croce, ma il comune esige che sia ripiantata entro il giorno di lunedi 17 maggio, giorno delle rogazioni. Dalle due precedenti notizie apprendiamo che nei tre giorni dedicati alle rogazioni, i fedeli si recavano in processione presso le tre croci presenti in prossimità del paese. Una di queste era localizzata nel luogo alla Cros, e una all'incrocio fra lo stradone di concorrenza e la strada che saliva al Maso Rauti. La terza croce metà delle rogazioni, ritengo sia stata quella detta di Rivalem. In questo modo le rogazioni coprivano simbolicamente il territorio di Dermulo a nord, al centro e a sud.