LA CASA N° 24 - Casa del Storn - Casa Cordina - Casa ai Martini - Casa del Vittorio


(Oggi Via Eccher n. 16 e 18) P.E. 18  
 


         
                                                                                               

La futura casa n. 24 assieme alla vicina n. 23, faceva parte delle antiche case proprietà della famiglia Cordini a Dermulo. Le due citate case, sono raccordate fra loro mediante un arco provvisto di portone che permette l'accesso alla cort, oggi esclusiva proprietà della casa 23, ma in passato consortale ad entrambe. E' molto probabile che inizialmente la casa n. 24 avesse avuto una funzione accessoria (rustico, fienile o deposito) alla principale n. 23, e solo in un secondo tempo fosse stata ampliata e adibita ad abitazione.

La casa sul finire del Quattrocento apparteneva a Delaito Cordini che l'aveva ereditata sicuramente dal padre Nicolò I. Dopo la morte di Delaito, avvenuta intorno al 1540, la casa pervenne al figlio Giacomo che vi abitò con la famiglia. Infine alla morte del padre, nel 1554, divenne proprietario il figlio Martino. Martino morì nell'ultimo decennio del Cinquecento senza lasciare discendenza, per cui della casa beneficiò Nicolò III Cordini. Della costruzione abbiamo la prime due menzioni sicure nel 1608, in occasione della locazione fatta da Gabriele Barbi di Coredo a Domenico Massenza (in quel periodo affittuario del vicino maso Betta) di un prato nei pressi di detta casa e della vendita dello stesso prato qualche mese più tardi a Nicolò III Cordini. Nei documenti, la casa citata come "casa che era di Martin Cordino", fu classificata come murozia, ossia costruzione semidiroccata e si disse essere pervenuta a Nicolò per eredità; il prato invece, individuabile nel luogo detto più tardi "al Cianvar" e contraddistinto dalla p.f. 154, era stato venduto da Martino Cordini al suddetto Barbi.

Dopo la morte di Nicolò III avvenuta nel 1629, la casa pervenne al figlio Baldassarre IV che però abitava nella contigua casa n. 23. Anche dopo la morte di Baldassarre IV la casa rimase disabitata e fu ereditata dal figlio primogenito Nicolò V. Ci sono buone probabilità che Nicolò V avesse vissuto in questa casa con la moglie Marina e le due figlie Antonia e Elisabetta. Nicolò V a un certo momento della sua vita si era reso irreperibile lasciando però moltissimi debiti. Per tale motivo Pietro fu Stefano Panizza, zio di Nicolò, si adoperò per il recupero del denaro figurando tra l'altro fra i maggiori creditori. Nel 1662 infatti su ordine del pubblico ufficiale Francesco Danielli e alla presenza del curatore Carlo Conci si decise di vendere i beni precedentemente pignorati, per appianare un debito che superava i 400 Ragnesi. Fra questi beni appariva anche la casa detta "del Storn" che ritengo essere stata quella di cui stiamo parlando e l'orto detto "dei Cordini". Il successivo documento di alienazione della casa e dell'orto non ci è pervenuto, ma esiste invece l'atto di acquisizione relativo al cosiddetto Cianvar, ossia l'attuale p.f. 154, da parte di Matteo Panizza figlio di Pietro. Tale circostanza ci fa supporre che la casa e l'orto possano aver avuto il medesimo destino del "Cianvar", ovvero siano stati acquisiti dal Panizza e poi transitati a Giovanni II Emer, al quale, successivamente, risultano appartenere i beni in questione. Giovanni II Emer si sposò qualche anno dopo del presunto acquisto con Ludovica Cordini per cui è plausibile che avesse eletto a sua abitazione detta casa.[1] Tuttavia la prima prova che la casa fosse proprietà Emer ce la fornisce la chiave del portale di pietra prospiciente la via pubblica, sulla quale sono incise, oltre al monogramma IHS, le lettere G.E. e la data 1682. Le lettere G. E. erano riferite a Giovanni II Emer, il proprietario e committente, il quale con la rappresentazione dell'ostensorio e del monogramma IHS (Ihesus Hominum Salvator) voleva fare riferimento alla simbologia cristiana, forse per demarcare la via religiosa intrapresa dal figlio Giovanni Antonio. Giovanni II abitava nella casa con la famiglia dove esercitava l'arte del sarto che aveva imparato dal padre Giovanni I.[2]

La successiva menzione della casa risale al 1690, quando Giovanni II Emer istituì il patrimonio per il mantenimento del figlio Giovanni Antonio, in procinto di diventare sacerdote. In questa occasione abbiamo anche la prima descrizione dei locali riferita alla metà sud della casa: "una stufa, una cucina a revolto, altro avvolto sotto la stufa, stradugari e tetto". Questa porzione confinava a est con la via imperiale, a sud con il cortile della casa, a ovest con l'orto e a nord con la casa del padre Giovanni Emer. I coniugi Giovanni II e Ludovica morirono entrambi nel 1719, per cui la parte di casa che era nelle loro disponibilità, (la parte nord) passò al figlio Giuseppe Vittorio. Quest'ultimo, pittore e indoratore, viveva con la moglie Maddalena e la figliolanza a Taio dove era proprietario di una casa e del diritto di vicinato. Dopo la morte dei genitori la casa n. 24 si rese disponibile e Vittorio mise in vendita la casa di Taio e si spostò a Dermulo. Nel 1720 Vittorio cedeva ai fratelli Giacomo Antonio e Giacomo III Mendini, proprietari della vicina casa n. 23, un avvolto, un andito e un orto con alberi fruttiferi per la somma di 31 Ragnesi. Le tre entità grazie alla precisa descrizione confinaria (a est la via comune, a sud il venditore a ovest Antonio Betta e a nord il compratore) sono sicuramente localizzabili e quindi possiamo riconoscere l'avvolto nel locale posto nella parte nord-est della casa, l'andito con lo spazio immediatamente a ovest dell'avvolto, e l'orto a sua volta ancora più a ovest del predetto andito. Negli anni successivi l'avvolto ritornò in mano agli Emer, mentre la parte di corte e forse anche l'orto rimasero nelle disponibilità della casa n. 23. Nel 1734 Vittorio vendette la parte di orto preservatisi dalla vendita ai Mendini, a Bonifacio Betta proprietario della casa n. 25.

Nello stesso anno, Cristano, l'unico figlio maschio di Vittorio, si sposò con Teresa Margherita Widmann di Taio, dove sarà ospitato nella casa dei suoceri. Intorno al 1740 Cristano abitava già a Dermulo nella futura casa n. 24, dove nacquero e raggiunsero l'età adulta cinque figli maschi. Alla morte di Cristano nel 1790, nella casa non viveva nessuno dei figli, in quanto tre di loro avevano lasciato Dermulo, (Leonardo, Giorgio e Gaspare), un altro, Giacomo risiedeva in una porzione di casa al Castelet e Giovanni, il fratello maggiore, abitava invece nella casa n. 25 come masadore della famiglia Betta. Giovanni III che nel frattempo aveva acquisito una piccola porzione di casa al Castelet, dopo la morte del padre Cristano, ereditò la casa n. 24, dove abiterà fino al 1803, anno delle sua morte.[3] La casa quindi pervenne metà per ciascuno ai due figli Pietro I e Romedio, mentre l'altro figlio Giovanni IV ereditò la parte di casa al Castelet, dove già abitava. Pietro I morì prematuramente nel 1817 lasciando orfani i due figli Giovanni VI e Floriano che assieme alla madre lasciarono Dermulo. Non sono riuscito a determinare con certezza se Pietro I avesse vissuto nella casa n. 24, ma lo ritengo molto probabile.[4] Invece Romedio non abitò mai nella casa n.24 in quanto già all'epoca del suo matrimonio con Margherita Parolini, si era trasferito nella casa n. 19 quale manente del maso degli Inama di Fondo e colà continuo ad abitare dopo che nel 1849 ne era divenuto proprietario.

Dopo circa il 1820 e per almeno quart'anni la casa non fu quindi abitata dai proprietari ma, almeno una sua porzione, fu concessa in affitto. Negli anni ‘30 dell’Ottocento, Bortolo Mendini vi gestiva una bettola e tale attività era sicuramente espletata nel locale prospiciente la via pubblica, posto a nord-est della casa. Già nel 1836, comunque, Bartolomeo Mendini aveva trasferito la bettola e anche la sua abitazione nella vicina casa n. 23. Nel 1862 vi abita in affitto Giovanni Tamè, figlio di Vittore, e questo forse fino al 1869, anno in cui la casa risulta disabitata.

Nel 1835 Romedio I acquisiva dagli eredi del fratello Pietro I la loro porzione di casa n. 24 sborsando a Giovanni, o meglio alla sua vedova Teresa, 170 Fiorini comprendenti anche il valore di cinque terreni e un orto. Da Floriano invece, Romedio comprò la sua porzione di casa n. 24 e un terreno ad uso orto, forse riconoscibile nel così detto Cianvar, per il prezzo complessivo di 185 Fiorini. Nell'atto di vendita si capisce che la casa n. 24 era divenuta disponibilità esclusiva dei figli del fu Pietro I, Giovanni IV e Floriano, per cui in precedenza ci fu un accomodamento tra Romedio I e i nipoti che aveva determinato tale situazione.

Dal 1872 nella casa prese posto Romedio II Emer, che però alla metà di novembre del 1881 lasciò Dermulo con tutta la famiglia per emigrare in Brasile. Poco dopo, il cugino Giuseppe Inama, suo procuratore, sottopose ad ipoteca la casa n. 24 assieme ad alcuni terreni a garanzia di un prestito di 212 Fiorini contratto con Bartolomeo Rizzardi di Coredo. Il capitale avrebbe dovuto essere restituito dopo tre anni, ma probabilmente questo non avvenne e la casa passò in mano ai nipoti di Romedio che in qualche modo si erano accollati il debito. Almeno dal 1897 la casa sarà affittata a Giulio Defant di Tassullo che però morì annegato nel Noce in quell'anno e più tardi a Romedio Inama.

 

PIANTA DELLA CASA
 


Nel 1888 sembrava già concluso un accordo con Sergio Leoni sergente di Gendarmeria a Taio, per l’aprire nella casa una rivendita di generi misti, ma non se ne fece nulla. Dieci anni dopo, tale attività fu per breve tempo intrapresa nella casa da Beniamino Inama.

Nell'ottobre del 1901 gli eredi del fu Giovanni e quelli del fu Pietro decisero di dividere i beni che fino a quel momento erano posseduti in comproprietà, per cui la casa n. 24 pervenne per metà agli eredi di Giovanni, ovvero Germano e Geremia, e per metà agli eredi di Pietro:  Alessandro, Giuseppe, Celeste e Arcangelo.

Porzione toccata agli eredi di Giovanni

Metà della casa n. 24 a Dermulo, composta dai seguenti locali: Piano terra, portico in comune con la seconda porzione, staletta a ponente della casa con diritto di costruirsi una cantina nello stallone attuale e precisamente nell’angolo a sera- settentrione. La porta della cantina si deve costruire dirimpetto a quello dello stallone. Porzione di orto a sera della casa con diritto di fabbricare stalla e stabbio senza limiti di altezza confinato 1 la stalletta, 2 porzione di orto degli eredi di Pietro Emer, 3 Alfonso Widmann, 4 Lorenzo Inama. Primo Piano: somasso in comunione con la seconda porzione, due camere a mezzodì del somasso. Secondo Piano: aia in comune con la seconda porzione e altane soprastanti l’aia.

Porzione toccata agli eredi di Pietro

Metà della casa n. 24 a Dermulo, composta dai seguenti locali: Piano terra, portico in comune con la prima porzione, stalla a mattina del portico, cantina sull’angolo di settentrione mattina della casa. Porzione di orto a sera della casa confinante: 1 casa con anditi, 2 strada, 3 Alfonso Widmann, 4 la porzione di orto degli eredi del fu Giovanni Emer. Primo Piano: somasso in comunione con la prima porzione, cameretta sopra la cantina. Secondo Piano: aia in comune con la prima porzione e due camere a mezzodì dell’aia, ripostiglio nell’angolo di mattina settentrione, altane soprastanti le due camere e ripostiglio, e tetto che copre tali locali.
Per ulteriori chiarimenti furono dettate anche le seguenti condizioni:

L’andito a mezzodì della casa rimane in comune, la prima porzione è proprietaria della striscia di terreno sotto la gronda del tetto per la misura di 80 cm. Resta in comune anche l’andito che porta alla stalla ancora da costruire e al cesso pure da costruire sulla facciata a sera della casa. Resta in comune la scala che dal portico porta al somasso. La scala che dal somasso porta all’aia dovrà essere spostata e messa aderente al muro di settentrione del somasso. Per portarsi dall’aia alle altane dovranno essere fatte due scale: una a mattina mezzodì dell’aia a spese comuni, e l’altra a mattina settentrione a spese della seconda porzione. Entro 5 anni dovrà essere costruito un cesso sulla parete a sera della casa a servizio delle due porzioni. Le due porzioni restano libere di innalzare il tetto, senza però recare danno.

Nel 1903 Germano Emer si spostava dalla casa n. 19 alla casa n. 24, dove trasferiva anche l’attività di osteria cedendo al fratello Geremia la sua parte. Nel 1904 oltre che alle classiche merci d osteria, Germano chiese ed ottenne la licenza per vendere "tabacchi e cigare". Nel 1907 Germano riceveva il permesso dal comune di Dermulo per allestire un campo da gioco per le bocce accessorio all'osteria, posizionato sul terreno comunale a sud della fontana, fra le due strade e a nord della casa di Giovanni Tamè, ossia la n.8. L'uso del terreno fu concesso fino al 1916.

Degli eredi di Pietro occupò la casa il figlio Celeste, i cui discendenti la posseggono tutt'ora, e per breve tempo Giuseppe, mentre gli altri rimasero nella casa n. 19.

I discendenti di Giovanni invece alienarono la loro porzione negli anni Ottanta del Novecento.

 

PERSONE EFFETTIVAMENTE PRESENTI NELLA CASA *

Anno 1550

Anno 1620

Anno 1670

Anno 1710

Anno 1780

Anno 1830

Anno 1880

Anno 1921

Giacomo Cordini

disabitata

disabitata?

Giovanni Emer

Cristano Emer

Bortolo Mendini

Romedio Emer

Germano Emer

N.N. (m)

   

Ludovica Cordini (m)

Teresa Widmann (m)

Giulia Demagri (m)

Lucia Depero (m)

Rachele Inama (m)

Martino Cordini (f)

   

 

Leonardo Emer (f)

Bortolo Mendini (f)

Emanuele Emer (f)

Ida Emer (f)

Gervaso Cordini (f)

   

 

 

Giovanni Mendini (f)

Enrichetta Emer (f)

Giovanni Emer (f)

 

 

 

 

 

Teresa Mendini (f)

Silvio Emer (f)

Barbara Emer (f) (a)

 

 

 

 

 

 

Emma Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

 

Celeste Emer

 

 

 

 

 

 

 

Agnese Gaiardelli (m)

 

 

 

 

 

 

 

Cornelia Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Pia Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Remo Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Viola Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Paolina Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Luigi Emer (f)

 

 

 

 

 

 

 

Pierina Emer (f) (a)

 

 

 

 

 

 

 

 

* Per l'anno 1550 le persone non sono quelle effettivamente presenti, ma solo quelle di cui si è avuta contezza. Il nominativo sottolineato corrisponde al capofamiglia. Le seguenti abbreviazioni indicano i rapporti di parentela con il nome sottolineato: m sta per moglie, f. per figlio/a, fr per fratello, S per sorella, v per vedovo/a, p per padre, M per madre, s per suocero/a, n per nipote, z per zio, N per nuora e c per cognato/a. Per il 1780, i nomi dei proprietari provengono dal Catasto teresiano  presso l’A.S.T. Per il 1921 si è preso in considerazione il censimento di tale anno presso l’A.C.D.  Inoltre, e solo per questo anno, sono state evidenziate le persone assenti con la lettera a. Per gli anni rimanenti i nomi dei capifamiglia e/o il numero degli occupanti la casa, sono stati desunti da vari documenti consultati presso A.C.D., A.P.T. e A.D.T.

 

 

[1] In precedenza avevo ritenuto molto probabile che la casa n. 24, proprietà Cordini, fosse pervenuta a Giovanni Emer per mezzo della moglie Ludovica Cordini di Taio. In realtà quest'ultima, pur essendo una discendente di Antonio Cordini di Dermulo trasferitosi a Taio verso la metà del Cinquecento, oramai sicuramente non aveva più proprietà a Dermulo.

[2] Giovanni I Emer sicuramente abitava nella casa al Castelet dove visse anche Giovanni II, fino al matrimonio. Giovanni II fu quindi il primo rappresentante della famiglia Emer ad occupare la casa n. 24.

[3] Analizzando le registrazioni dei nati e dei morti dei libri parrocchiali ai primi dell’800, appare che Giovanni figlio del fu Giovanni Emer come pure Bortolo Mendini abitassero nella casa n. 6 (vecchia numerazione). Non siamo però in grado di stabilire con sicurezza se tale numero di casa fosse riferito alla futura casa n. 24 o alla futura casa n. 9-10-11-12 in quanto entrambe compatibili, anche se a rigor di logica, dato per sicuro che la casa n. 23 era numerata anticamente con il 17, all'adiacente futura casa n. 24, doveva essere stato assegnato progressivamente il 18. In conclusione suppongo quindi che sia il Mendini che l'Emer avessero abitato nella casa al Castelet.

[4] Le registrazioni parrocchiali di inizio Ottocento sono spesso accompagnate dall'indicazione del vecchio numero di casa pertinente che però molte volte è ambiguo. Nella fattispecie è indicato due volte il numero 11 che però sarebbe riferito in quel periodo alla casa n. 20-21!

Case  Mappa delle case  Introduzione  Foto della casa n.24